Verano 2023: in 500 per omaggiare i caduti per l’Italia di tutti i tempi e di ogni colore (video)
Più di 500 persone. Non era mai accaduto. Come da oltre 40 anni, anche ieri un corteo silenzioso di ragazzi, donne e uomini ha attraversato i viali del cimitero monumentale del Verano per rendere omaggio ai caduti per la patria di tutti i tempi e di ogni “colore”. Un rito laico, un percorso della memoria che affonda le radici nel sangue della storia nazionale. Per non dimenticare.
Verano 2023, un esercito di persone per non dimenticare
“Passeggiare tra i visionari del Risorgimento, i ragazzi degli anni di piombo, le vittime del terrore, i patrioti delle grandi guerre”, come recita la locandina diffusa sui social. Per cercare la vita, non per contemplare la morte. Quelle corone adagiate sulle tombe e il saluto con la mano al cuore sono il segnale di una ripartenza. Per attingere nuova linfa, per affrontare le bassezze della politica di palazzo – dicono gli organizzatori (ex militanti missini oggi nelle file di Fratelli d’Italia) – gli intrighi di “corte”, i compromesse, le pastette. Linfa per essere degni di quei caduti. Oggi la passeggiata tra le pietre del Verano è un evento di massa. Nel corso del tempo ha abbandonato la veste di cerimonia per ‘pochi intimi’ per diventare un appuntamento corale, aperto a tutti. Nel tentativo di coinvolgere più italiani possibile. Ben oltre le appartenenze politiche, le storie individuali, le vicende familiari. Per diventare il giorno della memoria degli italiani. Non dei caduti di una parte.
Tutto comincia nel 1980 con il Fdg dopo Acca Larenzia
Tutto comincia con poche decine di ragazzi del Fronte della Gioventù che nel 1980, dopo la strage di Acca Larenzia, il 6 gennaio si ritrovano quasi spontaneamente lì. Per portare un fiore ai fratelli caduti negli anni di piombo. Per accostarsi in punta di piedi e un mazzo di fiori alla tomba di Mario Zicchieri, “Cremino”, dei fratelli Mattei, di Franco Bigonzetti, di Alberto Giaquinto, con le sue scarpe da ginnastica bianche custodite come un cimelio nella cappella di famiglia. Di Paolo Di Nella.
Niente di marziale, nessun simbolo di partito
Da alcuni anni si celebra, invece, la prima domenica dopo il 6 gennaio. Oggi sono in centinaia. Niente di marziale, nessun simbolo di partito. Un passo dietro l’altro ascoltando il respiro di chi ti è dietro, poi la sosta, la mano sul petto a impugnare il cuore, frammenti di poesie sussurrate al vento, la musica di De André, i violini, la danza. Per riannodare i fili invisibili che uniscono storie scritte da piccole e grandi mani. Sulle note di un’arpa viene deposto uno scudo d’alloro davanti a tre sepolcri simbolici. Solo tre. La tomba di Goffredo Mameli, quella di Stefano Recchioni e il Sacrario dei caduti della Prima guerra mondiale.
Tre tappe della memoria: Mameli, Recchioni e il Sacrario dei caduti
Mameli, patriota e poeta, che a soli 21 anni venne ucciso durante l’assedio di Roma, a rappresentare il tormentato Risorgimento che costruì l’unità d’Italia. Poi la tomba a terra di Stefano Recchioni, sotto la scultura di mamma Silvana. Il giovane militante di Colle Oppio ammazzato ad Acca Larenzia dove era accorso dopo la notizia della morte di Ciavatta e Bigonzetti. Con Stefano si ricordano i ragazzi innocenti uccisi negli anni di piombo. Infine il Sacrario dei caduti della Prima guerra mondiale. Soldati, vittime delle dittature, servitori dello Stato trucidati dal terrorismo e dalla mafia. Lì ci sono simbolicamente i ragazzi di El Alamein, i ragazzi del ’99. I ragazzi di Salò, quelli della “parte sbagliata”. Ma anche i “resistenti” alla dittatura, che caddero con lo stesso impeto degli avversari. Ci sono i soldati lasciati senza ordini, gli ebrei deportati, i prigionieri nei campi inglesi e americani.
Figli d’Italia, il tempo non ci ha cambiati. Ci ha provato, ha perso
Sotto le colonne a semicerchio del Sacrario ci sono gli innocenti uccisi nelle stragi di Stato, Brescia, Ustica, Bologna. Ci sono Falcone e Borsellino, i caduti a Nassiriya e nelle missioni di pace di mezzo mondo, quelli saltati per aria nelle discoteche e nei musei. Ci sono i figli d’Italia. Ieri, complice la temperatura mite, il colpo d’occhio è potente: sono 5-600 le persone presenti. Documentate da video e foto diffuse sui social. “Figli d’Italia, il tempo non ci ha cambiati, ci ha provato. Ha perso”, si legge in uno delle decine di post. Questa edizione porta con sé anche il peso di un antico giuramento: la vittoria. “Vi avevamo promesso la vittoria, non la vendetta, che rabbiosamente volevano alcuni stolti. Ma la vittoria. Per conquistarla ci sono voluti tanto cuore, tanta testa, tanto tempo. Sorrideteci ora. E dateci la forza per non deludere la nostra comunità. Segnate il passo e guidata il nostro viaggio”. Una doppia sfida. “Ci rivediamo l’anno prossimo, gennaio 2024, vi aspettiamo ancora più numerosi”, dice una voce al microfono.