Se questo è un uomo: Messina Denaro nascosto come un topo. Nessun perdono per quelli come lui

24 Gen 2023 8:20 - di Lorenzo Peluso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Un uomo è ben altra cosa. Un povero comune mortale; banale descrizione di un mediocre, falsa illusione di un uomo. Un uomo infatti è ben altra cosa. Un uomo infatti, per sua natura, non si nasconde come un topo. Un uomo non ha bisogno di lustrare il proprio ego imbrattando le pareti di casa con poster di belve ruggenti e di pin con la scritta “Il padrino sono io” sotto una caricatura di Marlon Brando nel celebre film di Coppola. E’ la triste fotografia restituita alla società civile dalla storia contemporanea, partendo dagli oggetti ritrovati nel primo dei covi del mafioso Matteo Messina Denaro, scoperto a Campobello di Mazara (Trapani) all’indomani dell’arresto. Non ville in stile hollywoodiano, ma covi in modeste abitazioni della provincia siciliana. Nessuno sfarzo negli arredi ne i riti, i meccanismi e le regole della famiglia Corleone raccontata da Francis Ford Coppola quale metafora complessa e astratta del potere capitalistico nella sua accezione più metafisica e assoluta.

Messina Denaro solo un povero comune mortale, divorato da un cancro, proprietario di una comune berlina di colore nero, bisognoso di specchiarsi nei fasti di un personaggio cinematografico per assaporare l’illusione di una vita che in realtà Messina Denaro non ha mai vissuto. Un uomo è ben altra cosa. Un uomo lo era Peppino Impastato che denunciava i crimini del boss Gaetano Badalamenti e abitava a “cento passi” da casa sua. Un uomo era Michele Reina, segretario di una Democrazia Cristiana che provava ad affrancarsi dalla mafia, nonché uomo di fiducia di Salvo Lima.

Un uomo era Piersanti Mattarella, uomo della moralità che riteneva fosse possibile e doveroso un Governo della Sicilia con le carte in regola. Un uomo era il poliziotto Boris Giuliano che aveva capito il legame stretto tra mafia-traffici internazionali di droga e di armi-riciclaggio di soldi. Erano uomini i magistrati come Cesare Terranova e Gaetano Costa e tanti altri. Uomini delle istituzioni e gente comune assassinata perché perbene. Uomini e donne perbene, come Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Un uomo era Paolo Borsellino e gli uomini della scorta che persero la vita nella strage di Via d’Amelio. Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Un uomo, il giudice Rosario Livatino, che perse la vita a soli 38 anni per difendere i cittadini dalla Mafia. Un uomo era Mauro De Mauro, giornalista rapito da Cosa Nostra il 16 settembre 1970 e mai più ritrovato.

Un uomo, Don Pino Puglisi, prete, insegnante, educatore assassinato la sera del 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno. Uomini e donne; Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro. Un uomo Libero Grassi che lottò per non cedere ai tentativi di estorsione. Sono ben oltre 1000 gli uomini e le donne uccise dalla mafia, quelli almeno di cui ne conosciamo le storie. Tra questi ci sono 115 minori; tra cui il piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido da Messina Denaro. Un povero comune mortale dunque, che vive rintanato tra un covo e l’altro, nascondendosi dalla vita. Che umo è un uomo che non può crescere i suoi figli, non può indossare l’abito della domenica e mostrarsi con orgoglio in piazza, seduto al tavolino di un bar, con i suoi figli raccogliendo il saluto affettuoso della comunità in cui vive? Un uomo che non può andare a scuola a parlare con gli insegnanti dei figli? In chiesa per la loro prima comunione? Un uomo che deve rispecchiarsi nei poster di belve ruggenti e di calamite da frigo per ricordare a se stesso che “Il padrino sono io”.

Non può esserci ne pietà ne perdono per questi poveri comuni mortali. Non aveva torto Platone nell’affermare che: “Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce.” Non ne avrà per molto Matteo Messina Denaro, il cancro al colon con metastasi che prova a curarsi è tra i più letali. Lasciarsi andare, finalmente, liberarsi dal mito del non “essere un uomo” che ha rincorso per una vita e raccontare alla giustizia i fatti, i luoghi, i misteri, potrà aiutarlo a non “ aver paura della luce”.

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