Saviano ancora a processo: definì Salvini “ministro della malavita”. Lo scrittore frigna: orrore populista

30 Gen 2023 20:17 - di Redazione
Saviano

E’ stata fissata per il 1 febbraio la prima udienza del processo che vede imputato lo scrittore Roberto Saviano accusato di diffamazione per alcuni post sui social riferiti a Matteo Salvini. L’udienza si terrà davanti al Tribunale monocratico di Roma. I post, oggetto del capo di imputazione in cui si contesta di aver offeso la reputazione del senatore Salvini, risalgono al giugno 2018.

Saviano definì Salvini “ministro della malavita”: “Lo fece anche Salvemini”

“Mercoledì primo febbraio sarò in Tribunale, a Roma, portato a processo per un reato d’opinione da Matteo Salvini. Salvini mi porta a processo per averlo definito Ministro della Mala Vita”, scrive lo scrittore Roberto Saviano su Facebook. “Piacerebbe, a Salvini, poter dire: ‘querelo Saviano che mi ha definito malavitoso’, ma la questione è un tantino più complessa. Gaetano Salvemini definì Giovanni Giolitti ‘Ministro della Mala Vita’ perché utilizzava il sud Italia come bacino di voti dimenticandolo una volta vinte le elezioni e soprattutto perché sottovalutava e ignorava i problemi più gravi e atavici da cui il Sud era (ed è) afflitto. Matteo Salvini a Napoli, nel 2019, durante la sua prima conferenza stampa in città da Ministro degli Interni, disse che i problemi di Napoli erano i troppi motorini sequestrati e tenuti nei depositi comunali e gli immigrati. Praticamente un marziano in città”, sottolinea.

Lo scrittore frigna: fiero di difendermi dall’orrore di questa politica populista

“Prima ancora a Rosarno, nel 2018, tenne un comizio davanti ad affiliati di ‘ndrangheta, persone della cosca Bellocco e imparentate con i Pesce. Sapete cosa fece Salvini con queste persone nelle prime file? Disse che il problema di Rosarno era la baraccopoli, mica la presenza capillare della ‘ndrangheta sul territorio… E la soluzione? Ruspe, mica alloggi dignitosi per chi lavora da schiavo, vittima di caporali italiani legati alle cosche. Qualcuno teme i professionisti dell’antimafia, peggio sono gli incompetenti in ruoli apicali”, conclude Saviano.

Come al solito, e come già accaduto per il processo che lo vede imputato per aver dato della “bastarda” a Giorgia Meloni, Saviano fa la vittima e considera un insulto alla stregua di un’opinione. Per poi concludere: “Fiero di difendermi dall’orrore di questa politica populista”.

Meloni: non ritiro la querela contro Saviano

Dal canto suo Giorgia Meloni, a precisa domanda, ha risposto tempo fa che non intende ritirare la querela nei confronti di Saviano. «No, non penso di farlo. Io ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione. L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una “bastarda”. E quando gli è stato chiesto se quella parola non fosse distante dal diritto di critica ha ribadito il concetto».

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