Falsi miti e vecchi fusti. Su querele e potere Saviano impari da Guareschi, “hombre vertical”

17 Nov 2022 17:42 - di Marzio Dalla Casta
Guareschi

Ve lo immaginate un Montanelli, un Biagi o uno Scalfari che invocano l'”esimente Marchese del Grillo” («io so io e voi nun siete un ca..o») dopo aver apostrofato come «bastardi» due leader politici, di cui uno all’opposizione? Difficile. Ancor più difficile è immaginare per Roberto Saviano un epilogo alla Giovannino Guareschi, che il 26 maggio del ’54 andò a consegnarsi nel carcere di Parma dopo aver rinunciato all’appello contro la condanna di primo grado per diffamazione, seguita alla querela dell’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Vi restò 409 giorni.

Guareschi andò in carcere su denuncia di De Gasperi

E quando apparve la notizia, rivelatasi poi infondata, della domanda di grazia presentata dalla moglie Ennia scrisse queste poche righe: «La mia carriera di giornalista è incominciata onorevolmente in un campo di concentramento tedesco ed è finita miseramente in un carcere italiano. Provo vergogna davanti ai rapinatori e ai ladri di gallina. Non è colpa mia, ma oggi mi sento più spregevole di loro». Altri tempi, altra tempra. Certo, non possiamo pretendere da Saviano di ergersi ad hombre vertical sul modello di Guareschi. Certe posture etiche sono come il coraggio di Don Abbondio: chi non ce l’ha, non se le può dare. Ma neppure egli può pretendere di detenere il monopolio dell’insulto.

Prefiche e piagnistei

Rimediti piuttosto sul fatto che nel momento in cui le ha dato della «bastarda», la Meloni era l’unica leader di opposizione in Italia. E poi ripensi a Guareschi che aveva scritto (non insultato) contro De Gasperi mentre questi sedeva a Palazzo Chigi. E con lui ci ripensino tutte le prefiche che in queste ore ammorbano l’aria con i loro piagnistei sulla «sproporzione» tra i protagonisti in campo e sulla «forza intimidatrice del potere». Non sono questi i termini della questione. Saviano ha insultato e dovrà risponderne anche in tribunale. Tentare, come fa lui, di barcamenarsi tra la sollecitazione della solidarietà e la spavalderia dell’impunito non fa altro  che evidenziare due facce della medesima impostura.

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