Eutanasia, anche Pillon tra i relatori della legge. Cappato insorge: «Nomina provocatoria»
C’è anche il leghista Simone Pillon nella quaterna di relatori chiamati ad istruire per conto del Senato la legge sul suicidio assistito. Una notizia che farà certamente rallegrare la galassia pro-life, che nell’avvocato bresciano trova uno dei più strenui e convinti sostenitori delle battaglie del conservatorismo cattolico. Ma che proprio per questo ha già fatto scattare l’allarme rosso sulla barricata opposta. Prova ne sia che ieri Marco Cappato e Filomena Gallo, entrambi dell’associazione “Luca Coscioni“, hanno bollato come «provocatoria» la nomina di Pillon.
Il leghista Pillon è promotore del Family day
Sia come sia, toccherà a lui, oltre che alla dem Caterina Biti, al grillino Alessandro Maiorino e alla forzista Mariella Rizzotti, il compito di predisporre il testo da sottoporre al voto. Un poker di relatori che però non riesce ad oscurare la figura di Pillon. Del resto, l’avvocato non ha mai fatto nulla per mimetizzarsi sotto un cono d’ombra. Anzi: nemico giurato del ddl Zan sull’omotransfobia e promotore del Family day, lo scorso anno fu protagonista di una polemica con l’Università di Bari che voleva ridurre il «gender gap» a svantaggio delle donne nell’accesso alle facoltà tecnico-scientifiche.
«Non c’è alcun vuoto normativo da colmare»
«È naturale – obiettò Pillon – che i maschi siano appassionati a discipline tecniche, mentre le femmine abbiano maggiore propensione per materie legate all’accudimento, come ostetricia». Ne seguì la consueta ondata di indignazione progressista. Ora, sull’eutanasia ha già fatto sapere che nella legislazione italiana non esiste alcun vuoto normativo da colmare. «L’articolo 508 del codice penale – ha ricordato – punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio». Che un po’ come dire che la battaglia ingaggiata intorno al fine vita da associazione Coscioni, Pd, M5S e cespugli di sinistra vuole solo togliere quella norma per poi dare il via libera alla morte programmata. «Sono contro ogni forma di accanimento terapeutico – rivendica Pillon -, ma la vita è il primo e più prezioso dei diritti». Insomma, osso più duro da rosicchiare i sostenitori della legge sul fine vita non potevano trovare.