Omofobia, Zan ripresenta il ddl. E tira in ballo il patriarca Kirill: «Ha bandito una crociata antigay»

21 Apr 2022 10:09 - di Valerio Falerni
Zan

«Perseverare è diabolico», ammonisce il vecchio adagio. Ma non per Alessandro Zan, parlamentare dem nonché padre dell’omonimo ddl contro l’omotransfobia sepolto al Senato il 27 ottobre scorso da un’inedita maggioranza centrodestra+Italia Viva. Da allora sono trascorsi sei mesi, il tempo giusto secondo il regolamento di Palazzo Madama, per ripresentare il testo. Adempimento cui provvederanno con svizzera puntualità gli esponenti Pd non appena scadrà (il 27 aprile) il semestre sabbatico. Ad annunciarlo è stato lo stesso Zan attraverso un’intervista a Repubblica. Il momento è buono, ha sostanzialmente detto il primo firmatario del ddl molto atteso dalla comunità Lgbt+.

Lo ha detto Zan a Repubblica

Un’affermazione che ha quasi mandato in tilt l’intervistatrice, che ha provato ad obiettare ricordando la guerra in corso, la pandemia che non passa, la crisi che avanza e l’inflazione che galoppa. Ma è proprio qui che Zan l’aspettava. «Siamo nel pieno di una guerra in Europa, dunque la questione dei diritti è urgente e centrale». Tiè, alla faccia di quei rozzi sovranisti che ancora s’ostinano a credere che le priorità di chi è coinvolto in un conflitto siano scansare la morte, mangiare qualcosa e avere un tetto sopra la testa.

Bandierina elettorale per catturare il voto “omo”

Ma Zan insiste. «Siamo consapevoli del “benaltrismo” che verrà sbandierato dai sovranisti – replica -, ma è proprio questo il momento di ribadire l’importanza di una legge di civiltà (…)». Tanto più, aggiunge, che «il patriarca Kirill, molto vicino a Putin, per giustificare la guerra all’Ucraina ha usato l’argomento della crociata contro l’Occidente e la comunità Lgbt+». E allora vai col tango: il Pd ha già indetto una triplice Agorà – 14, 21 e 28 maggio – rispettivamente a Milano, Palermo e Padova. Sarà certo un caso, ma tranne che nel capoluogo lombardo, nelle altre due città si vota il 12 giugno. Come a dire che se tutti i salmi finiscono in gloria, anche gli “irrinunciabili diritti” di gay e transgender finiscono nell’urna elettorale. Almeno così sperano Zan e Pd.

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