Reporter ucciso, Giacovazzo (Tg2): «Non è stato un caso, ne hanno ucciso uno per educarne cento»

15 Mar 2022 13:45 - di Agnese Russo
reporter ucciso

Non un tragico incidente, ma «un messaggio intimidatorio alla stampa». Piergiorgio Giacovazzo, inviato del Tg2 a Kiev, non crede al fatto che l’uccisione del giornalista americano Brent Renaud da parte delle forze russe, a un check point di Irpin, sia stata «casuale». «Non è stato colpito per caso, ne hanno ucciso uno per educarne cento», ha spiegato, chiarendo che l’obiettivo era dare un segnale alla stampa «perché loro sanno benissimo che stiamo raccontando le mostruosità che loro stanno commettendo».

Giacovazzo sul reporter ucciso: «È stato omicidio volontario»

Alla base dell’analisi di Giocovazzo non ci sono mere impressioni, ma un’analisi dei fatti. «Intanto – ha ricordato all’agenzia di stampa Adnkronos – un giornalista gira sempre con la scritta “Press”, che è molto evidente». Poi, «non escluderei che sapessero che si trattava di un americano». «Non credo alle coincidenze, non può essere che un cecchino colpisca per sbaglio. Chi spara – ha spiegato – ha dodici decimi, è gente allenata». «Questo è stato omicidio volontario», ha detto Giacovazzo, che a Irpin è stato «diverse volte». «È un sobborgo di 40mila persone pesantemente bombardato, e ci siamo stati sempre – ha ammesso l’inviato del Tg2 – con la paura di essere anche noi in qualche modo colpiti».

A Kiev «situazione tragica», ma «la Russia ha sbagliato i conti»

Quanto a Kiev, dove si trovava il cronista, la situazione «è drammatica». «Bombardano ovunque, e ora c’è una escalation sulla Capitale. È bruttissima la situazione anche sul mare, di fronte alla Crimea dove stanno spingendo. Oggi nella Capitale si sono svegliati con le bombe nei palazzi, la situazione – ha ribadito – è tragica. Vince la guerra, è questa la cosa che per noi è difficile da digerire». Analizzando la fase attuale del conflitto, Giacovazzo ha poi spiegato che il problema delle milizie russe ora è che «hanno sbagliato i conti, e si sono trovati senza cibo e rifornimenti nei boschi per giorni. Impossibile fare previsioni, ma il tempo fa la differenza, sul campo è fondamentale: se i militari russi restano altri 15 giorni nella situazione attuale, per la Russia si mette male». «Se tra 15 giorni soprattutto sul fronte di Nikolaev, che è importante perché è l’accesso all’Ovest del Paese, non riescono ad avanzare, e rimangono contenuti sul fronte Kiev, i russi devono andare alle trattative con meno pretese», è stata l’analisi di Giacovazzo.

Le “fotografie” della guerra negli occhi del cronista

E poi c’è la popolazione, che rimane impressa negli occhi del cronista in immagini che sembrano fotografie. «Una è una donna ad Irpin. Noi eravamo lì a fare un reportage sui rifugiati che stavano lasciando la città in un momento in cui si poteva uscire. Ad un certo punto inizia un bombardamento fortissimo, tante esplosioni concentrate in pochi minuti. E lì c’era una signora che stava dando da bere ai profughi nel primo punto di accoglienza. Appena cominciato il bombardamento ha lasciato tutto, si è messa a pregare ad occhi chiusi per tutto il tempo, fino alla cessazione delle bombe».

Un’altra «è quella di un uomo che avrà avuto una quarantina d’anni con una bambina in braccio di circa nove mesi, alla stazione di Kiev. Lui la cullava, e piangeva. Doveva lasciarla con la mamma, metterle entrambe su un treno per la Polonia e tornare in città a combattere. La cullava con la paura di non rivederla più, e piangeva. Muoveva le mani come a darsi dei pugni sulle gambe, alla fine, io e il mio collega – ha raccontato l’inviato del Tg2 – l’abbiamo abbracciato e gli abbiamo fatto coraggio, senza intervistarlo. Questa è una guerra che spezza le famiglie, ed è questa – ha concluso – la sua infamità».

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