“Molestie sessuali a una segretaria”: è bufera su uno dei due capitani reggenti di San Marino
Uno dei due Capitani reggenti di San Marino, cioè i capi di Stato che durano in carica sei mesi, è accusato di molestie sessuali da un’impiegata di Palazzo Pubblico. Al centro dello scandalo il 29enne Giacomo Simoncini, una delle due massime cariche del Titano. A darne notizia la testata sammarinese L’informazione.
Il giornale ha riportato i dettagli dello scandalo sessuale. Nei primi giorni di marzo Simoncini avrebbe convocato la donna nel suo ufficio, sostenendo di avere un problema con la zip dei pantaloni e insistendo affinché fosse lei a risolverlo. All’improvviso, l’uomo si sarebbe abbassato i pantaloni e le avrebbe mostrato i genitali. La dipendente è fuggita in lacrime dallo studio di Simoncini, mettendo al corrente dei fatti i suoi superiori, l’altro reggente Francesco Mussoni e il suo legale. Quest’ ultimo ha informato ufficiosamente la magistratura, annunciando che la donna presenterà formale denuncia solo dopo il 1 aprile, quando scadrà il mandato semestrale dei Reggenti. Secondo chi ieri era in aula per la discussione del Codice di Condotta, Simoncini avrebbe seguito a testa bassa la seduta, per poi uscire in lacrime dalla sala.
Prima ancora del Tribunale di Stato, ad occuparsi della vicenda, secondo il sistema del Titano, dovrebbe essere il Sindacato della Reggenza, una sorta di tribunale del popolo istituito nel 1499 e che prevede come tre giorni prima della fine del mandato i cittadini possano esporre rilievi e denunce nei confronti dei Capi di Stato. Ieri sera è arrivata la nota del Congresso di Stato di San Marino che, come primo atto, assicura che sulle accuse mosse “dovranno essere svolti tutti gli accertamenti necessari consentendo al diretto interessato di chiarire ogni cosa nel rispetto delle norme istituzionali”.
La nota del Congresso di Stato di San Marino: “Aspettiamo che sia fatta luce”
Non manca però una critica alla stampa: “Se la correttezza di chi esercita il nobile ruolo dell’informazione impone che tutte le parti in causa abbiano voce e sia concessa loro l’opportunità di esprimere la propria versione dei fatti, a maggior ragione questo principio è valido quando il soggetto ricopre la più alta carica dello Stato”. Ma il governo spiega che “la correttezza istituzionale, dal canto suo, impone ai Capitani Reggenti il vincolo del silenzio previsto dalle norme vigenti, che vieta ai Capi di Stato di esprimere opinioni e rilasciare dichiarazioni di qualunque natura durante il loro mandato, anche per non incorrere, a loro volta, nel reato di vilipendio, cioè di offesa all’onore e al prestigio della Suprema Magistratura”.
Quindi “le osservazioni in merito alle contestazioni mosse siamo certi che saranno presentate puntualmente dal diretto interessato non appena concluso il semestre reggenziale, convinti della volontà di fare ampia luce e favorire così l’affermazione della verità”. Il Congresso di Stato in conclusione “esprime profondo rammarico per le dimostrazioni di scarso rispetto nei confronti di un’Istituzione di così alto valore come la Suprema Magistratura, senza per questo voler mettere la sordina a nessuna eventuale responsabilità, che sarà appurata nelle sedi opportune e nei tempi e modi dovuti”