Draghi escluso dal vertice dei big: Biden si consulta solo con Francia, Germania e Regno Unito

8 Mar 2022 11:56 - di Ginevra Sorrentino
Draghi

La diplomazia internazionale al lavoro, con Draghi escluso dal vertice dei big. I leader di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito si confrontano in una importante videoconferenza sulla guerra a Kiev. E riaffermano la loro «determinazione a continuare ad aumentare i costi sulla Russia per la sua invasione ingiustificata e non provocata dell’Ucraina». Lo si legge in una nota diffusa dalla Casa Bianca dopo la telefonata tra Joe Biden. Emmanuel Macron. Olaf Scholz e Boris Johnson. I quattro leader «hanno anche sottolineato il loro impegno a continuare a fornire assistenza economica, umanitaria e di sicurezza al Paese guidato da Zelensky, e hanno discusso dei loro rispettivi colloqui con i presidenti russo e ucraino». Ma in tutto questo, l’Italia resta fuori dalla stanza dei bottoni e dalla riunione a quattro degli alleati

Draghi escluso dal vertice a 4 tra Biden, Macron, Scholz e Johnson

La Casa Bianca annuncia in una nota l’incontro in videoconferenza dalla Situation Room tra Joe Biden, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro britannico Boris Johnson. Italia non pervenuta: il team a 4 lascia fuori dalla stanza il premier Mario Draghi, con buona pace del rispetto istituzionale dovuto agli alleati e del prestigio diplomatico acquisito. Trattato come figli di un Dio minore – o partner di serie B, poco importa – rieccoci relegati all’angolo. A smazzare il lavoro duro. A collaborare sul fronte delle sanzioni (e delle controindicazioni annesse e connesse). E a lasciar correre sullo sgarbo internazionale inferto con arroganza e decisamente scarso stile diplomatico. Trattati più come sudditi che come alleati, il consesso dei big esclude Draghi dal summit e decide anche per noi. Poi, con calma, ci faranno sapere…Magari inviandoci una nota. O chissà, recuperando in zona Cesarini con un incontro riparatore riservato anche al nostro premier.

Un colpo basso alla retorica sul prestigio istituzionale rispolverato con l’arrivo di Draghi

Nel frattempo, però, non ci resta che incassare lo schiaffo e la prosopopea che, in un solo colpo, hanno colpito ruolo e prestigio del Belpaese e la retorica sulla presenza di Draghi al timone dell’Italia, fondamenta indispensabili per la ricostruzione dalla base e il rilancio dei nostri rapporti, attuali e futuri, con l’Unione europea. Che, come scrive Libero in un ampio servizio dedicato alla vicenda, tra l’altro, sulla imprescindibile presenza di Draghi come «architrave dell’Unione Europea», rileva: «Era diventata, a causa dell’indiscutibile bravura e del prestigio dell’ex presidente della Banca centrale europea, il solido ponte scelto dagli Usa di Biden per riconquistare un’Europa riottosa verso Washington essendo più propensa a trattare con Cina e Russia, vedi proprio Francia e Germania. Joe Biden – ed è vero, verissimo – riteneva infinitamente più affidabile e capace di leadership Draghi rispetto a qualsiasi altro leader della Ue».

Quando Bush consultava Andreotti e Berlusconi a Pratica di Mare…

Dunque, Biden puntava, in termini di affidabilità, su Draghi più che su qualsiasi altro leader della Ue. E allora, cosa è successo? Certo il nostro prestigio internazionale in termini di politica estera affidato nelle mani dell’esordiente Luigi Di Maio, non avrà aiutato. Come certo non ha alleggerito la situazione la gaffe del titolare della Farnesina che ha definito Putin in tv il “più atroce tra gli animali”… D’altro canto va detto anche che di sicuro siamo distanti anni luce dall’epoca d’oro degli anni Novanta di un Andreotti ospitato da Bush senior per un consulto dirimente sulla nomina al vertice della Nato. Come dai fasti diplomatici del decennio successivo inaugurati da Berlusconi – era il maggio del 2002 – a Pratica di Mare, in veste di deus ex machina e mediatore doc tra Bush junior e Putin.

Il danno e la beffa: alla fine della fiera siamo pure il Paese chiamato a pagare il prezzo più alto

Una catena di relazioni e scambi d’altri tempi – ed ere politiche – che poi, tra alterne vicende, ci porta ad oggi. Con Macron e Scholz in prima linea telefonica con Putin, anche se finora nessuno tra i due è stato promosso sul campo mediatore d’eccellenza (come del resto è accaduto anche per il primo ministro d’Israele Naftali Bennett e per il presidente turco Erdogan). E con l‘Italia tagliata fuori ma anche chiamata a pagare il prezzo più alto e a rischiare di più: sul fronte dell’approvvigionamento del gas (per il 40% di provenienza russa). Sul versante dell’accoglienza degli ucraini. E, alla fine della fiera, con la Russia che ci ha messo sulla lista nera dei paesi ostili

 

 

 

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