Alle Camere riunite contro la guerra va in scena un’altra guerra: quella di Lega e 5S contro Draghi

2 Mar 2022 9:02 - di Valerio Falerni
Draghi

Che cos’hanno in comune la guerra in Ucraina e la riforma del catasto in Italia? Nulla, a rigor di logica. Molto, invece, se le esploriamo con il lume della politica. Perché entrambe sono il riflesso di un’altra guerra, incruenta per fortuna, contro Mario Draghi. Le prime avvisaglie ieri, sul voto che ha visto prima il Senato e poi la Camera dare mandato pieno al premier circa le decisioni da assumere in merito al conflitto in corso tra Mosca e Kiev. Approvarla sembrava una mera formalità alla luce dell’unanimità dichiarata da tutti i gruppi, compreso quello, all’opposizione, di Fratelli d’Italia e invece quanta fatica. Secondo il Foglio, Giuseppe Conte ha dovuto sudare le classiche sette camicie per far rientrare la rivolta dei 5Stelle filo-russi.

I grillini filo-putin lasciano l’aula

Alla fine ne è rimasto uno solo, Vito Petrocelli. Gli altri – Gianluca Ferrara, Marco Croatti, Iunio Romano, Alberto Airola, Mauro Coltorti e Daniele Pesco – o si sono riallineati votando sì o hanno lasciato l’aula. Parliamo di presidenti di Commissione e non di oscuri peones. Tutti insieme formano solo la punta di iceberg sommerso che non ha vissuto bene la tetragona determinazione con cui l'”alleato” Enrico Letta ha imposto la risoluzione. I grillini, si sa, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Ancor di più il loro leader congelato, che ancora tale resta per lo slittamento alla prossima settimana della sentenza del Tribunale di Napoli chiamato a pronunciarsi sul suo ricorso. Ha guardato la scena con sarcastico distacco Luigi Di Maio, seduto proprio accanto a Draghi. Ai ministri del Pd che gli chiedevano di intervenire per riportare l’ordine tra i 5Stelle, rispondeva con un’alzata di spalle: «Non posso farci niente».

Salvini vs Draghi sulla riforma del catasto

Accadeva alla Camera. Al Senato, invece, provava la Lega a fare lo sgambetto a Draghi. Le cronache parlamentari raccontano di un Matteo Salvini in grave imbarazzo nel votare la risoluzione. Troppi elogi a Putin nel passato per passare con disinvoltura tra le file dei suoi censori. Infatti riesce a parlare dell’inferno ucraino senza mai pronunciarne il nome. Parla invece di catasto, che per lui è (comprensibilmente) molto più di un amaro calice. Ne è venuto fuori un appello alla pace nella maggioranza mentre in Ucraina si combatte una guerra vera. Una pace, avverte, che si ottiene “congelando” il testo della relativa riforma in commissione Finanze. Ma da quell’orecchio Draghi non ci sente e ordina di procedere. Ma neanche la Lega arretra. E il messaggio di  Massimo Bitonci è sibillino solo per chi non vuol capire: «Di certo – dice alludendo a Draghi – non deve credere molto al suo futuro dopo la guerra». È l’annuncio che Salvini ha indossato l’elmetto. Il catasto, per lui, è come l’Ucraina per Putin: un confine che nessuno può toccare.

 

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