Monoclonali, dagli infettivologi l’ultima conquista: oltre che per curare li useremo anche in profilassi

9 Dic 2021 21:03 - di Redazione
monoclonali

Nella lotta al Sars-Covid 2 la scienza punta sempre di più sugli anticorpi monoclonali che, non solo appresentano la nuova frontiera nella lotta al Covid-19. Ma che oggi si arricchiscono anche di nuove opzioni. Recentemente, infatti, l’Agenzia del farmaco, che aveva approvato l’uso di questi strumenti terapeutici a febbraio, ha dato il via libera a due nuove formulazioni, che permettono di guardare con fiducia al futuro della lotta al Sars-CoV-2. E inoltre presto arriveranno quelli di seconda generazione. «È prossima la registrazione degli anticorpi monoclonali anche in profilassi», sottolinea allora Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit). Ossia, che i medici potranno utilizzare «per prevenire l’insorgenza dell’infezione in soggetti che hanno avuto esposizioni al virus. O in soggetti particolarmente fragili per tenerli coperti dal rischio di infezione».

Tutti pazzi per i monoclonali

Oltre che nella profilassi dell’infezione e nella prevenzione dell’evoluzione della malattia, peraltro, «possono essere usati anche nel trattamento dell’infezione stessa in pazienti che abbiano un’insufficienza respiratoria e un quadro clinico avanzato della malattia. Si possono dunque adattare a tutte le diverse fasi possibili dell’infezione da Sars-CoV-2», rimarca la Simit. «Gli anticorpi monoclonali si stanno rivelando un’arma efficacissima nella lotta al Sars-CoV-2, bloccando l’avanzare dell’infezione – ricorda Andreoni –. Attualmente li stiamo utilizzando nella pratica clinica in pazienti ad alto rischio di progressione di malattia, ossia coloro che abbiano più di 65 anni di età. Siano affetti da comorbosità. O che facciano uso di farmaci immunosoppressori.

Monoclonali, l’uso è previsto soprattutto in soggetti che non abbiano fatto la vaccinazione

L’uso è previsto soprattutto in soggetti che non abbiano fatto la vaccinazione. Ma anche in coloro che abbiano avuto una bassa risposta anticorpale al vaccino. I dati dimostrano che in più del 95% dei casi sono in grado di bloccare l’evoluzione del quadro. La differenza sostanziale con i vaccini che è un prodotto già pronto all’uso, in quanto sono anticorpi costruiti in vitro e sono attivi in maniera molto selettiva nei confronti del virus. Riconoscendo un antigene specifico della proteina spike contro cui sono diretti, mentre il vaccino deve determinare una risposta anticorpale all’interno del nostro organismo».

I dati incoraggianti di ricerca e utilizzo dei monoclonali in altri Paesi

I dati incoraggianti risultati dall’impiego degli anticorpi monoclonali sono ulteriormente alimentati dalle nuove approvazioni effettuate da Airfa – osserva ancora la Simit –. Con Determina 156, lo scorso 25 novembre l’Agenzia del farmaco, infatti, ha approvato anche l’anticorpo monoclonale CT-P59 (Regdanvimab) di Celltrion Healthcare, già utilizzato in altri Paesi del mondo. E autorizzato nei mesi scorsi dall’Ema. In Corea del Sud, fino a novembre 2021, in 129 ospedali state trattati con Regdanvimab oltre 20.000 pazienti».

Gli ultimi arrivati sono stati già costruiti per rispondere alle varianti che stanno circolando

«Oggi abbiamo a disposizione diversi tipi di anticorpi monoclonali, tutti molto efficaci – commenta Andreoni –. Possiamo utilizzare in combinazione Casirivimab-Imdevimab o Bamlanivimab-Etesevimab. Mentre da soli il Sotrovimab e il Regdanvimab, ultimo approvato da Aifa a fine novembre. L’aggiungersi di nuove opzioni rappresenta un arricchimento prezioso. Alcune varianti, infatti, qualora presentassero antigeni diversi dal solito, potrebbero sfuggire agli anticorpi monoclonali. Quelli oggi disponibili, grazie anche ai costanti aggiornamenti, sono in grado di contrastare tutte le varianti che finora si sono generate. Gli ultimi arrivati sono stati già costruiti per rispondere alle varianti che stanno circolando».

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