Gli anticorpi monoclonali arrivano negli ospedali, ora abbiamo un’arma in più. Ecco chi li sta usando

19 Mar 2021 19:24 - di Sveva Ferri
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Genova, Verona, Roma. E, ancora, Catania, Bologna, Bari, Udine. Dopo Pesaro, stanno diventando sempre di più le città i cui ospedali hanno iniziato o stanno per iniziare a utilizzare gli anticorpi monoclonali, considerati da tutta la comunità scientifica un’arma molto importante nella lotta al Covid. «Si tratta di un’ottima notizia», ha commentato sulla sua pagina Facebook il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, sostenitore della prima ora della necessità di impiegare questo trattamento in Italia. «Avanti così, quindi, con grande curiosità verso i primi risultati di questa sperimentazione», ha aggiunto.

Bassetti esulta: «Abbiamo un’arma in più»

Fra gli ospedali in cui è partita la sperimentazione con gli anticorpi monoclonali c’è il San Martino di Genova. Il primo paziente della Liguria è stato «un signore di 71 anni con cardiopatia». L’uomo è stato «intercettato grazie alla collaborazione con i medici di medicina generale nella mattinata. È stato ricoverato per circa un’ora ed è tornato a casa», ha raccontato il direttore della Clinica di malattie infettive e componente dell’Unità di crisi regionale, Matteo Bassetti. «Ora – ha aggiunto – abbiamo un’arma in più per le fasi iniziali dell’infezione. Una bellissima notizia».

Anticorpi monoclonali: chi può riceverli e dove

Il farmaco «deve essere somministrato molto precocemente, entro 72 ore dalla positività del tampone o entro dieci giorni dall’esordio sintomi. Per far questo – ha chiarito Bassetti – bisogna prendere il paziente a casa, ovvero intercettarlo precocemente». In Liguria «i malati candidabili a questa cura sono pazienti con più di 65 anni o con comorbidità. Ovvero soggetti in cui Covid può dare una malattia più grave».

Prima regola: fare presto

Il tema della tempestività è tornato anche nelle parole di Evelina Tacconelli, direttrice del reparto di malattie infettive dell’Università di Verona. «Siamo l’unico Paese, con la Germania, ad avere approvato gli anticorpi monoclonali per le cure. Sono gli stessi che si dica abbia usato Trump. Se riusciamo a darli entro i primi 4-5 giorni, diamo una grande possibilità ai pazienti di non essere ospedalizzati», ha ricordato. «A Verona siamo partiti con i primissimi casi. Adesso vogliamo procedere rapidamente in tutta la regione», ha spiegato l’infettivologa. I medici veronesi hanno trattato i primi pazienti martedì. Sono due uomini di 55 e 65 anni da poco positivi al Covid-19. «Sta andando bene», ha rivelato Tacconelli, spiegando che «entro quattro settimane dalla somministrazione, il medico di base che segue il paziente quotidianamente chiude la cartella e ci comunica come è andata la terapia».

Galli: «Il problema è capire il “dove” e “a chi”»

Massimo Galli del Sacco di Milano ha sottolineato però che «l’uso degli anticorpi monoclonali non è ancora nella pratica clinica corrente» e «il punto chiave, ancora da definire con chiarezza, è il “dove” e “a chi”. Ovvero come identificare i pazienti da trattare». Galli, insomma, ha frenato un po’ gli entusiasmi. «È necessario scegliere bene quelli che rischiano. Non avrebbe senso darli a tutti», ha spiegato, chiarendo che «tutto questo, purtroppo, non è così ovvio da farsi visto che sono decenni che il contatto ospedale-territorio è più a parole che nei fatti».

Al via in Puglia. Tutto pronto allo Spallanzani

Anche «in Puglia abbiamo avviato l’uso di anticorpi monoclonali», ha fatto sapere poi l’epidemiologo e assessore alla Sanità, Pier Luigi Lopalco. Si prepara alla partenza, invece, lo Spallanzani di Roma che, fa sapere una nota, «è pronto per mettere a disposizione della popolazione a rischio questo nuovo fondamentale presidio di cura».

 

 

 

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