Corpi “svuotati” e asessuati: il ddl Zan rispunta in una mostra a Torino che celebra il “gender fluid”

5 Nov 2021 9:29 - di Lara Rastellino
gender

Torna di scena Artissima Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino, che oggi apre i battenti al pubblico, e spalanca le sue sale al gender fluid. Un tema al centro di una delle quattro  storiche sezioni della fiera: Main Section, New Entries, Dialogue/Monologue e Art Spaces & Editions. Artissima XYZ. La piattaforma digitale che dal 2020 ospita le tre sezioni curate, Present Future, Back to the Future e Disegni, sarà invece visibile online dal 4 a 9 novembre 2021 e fisicamente in tre mostre collettive allestite nel padiglione fieristico.

Artissima 2021, la mostra apre i battenti al Lingotto di Torino: un omaggio al gender fluid

Con l’inaugurazione della ventottesima edizione della fiera: l’unica in Italia esclusivamente dedicata all’arte contemporanea. E per il quinto anno diretta da Ilaria Bonacossa, da oggi e fino a domenica 7 novembre gli spazi del polo fieristico torinese. Ma stavolta, tra le tante suggestioni e contaminazioni possibili. E dopo un anno tormentato e difficile come il 2020 – che ha visto al centro della rassegna declinazioni e speculazioni artistiche sulla pandemia – la mostra che ha il suo fulcro espositivo e organizzativo in una attenta combinazione tra fisico e digitale, mette al centro dell’esposizione la tela ideale.

Molti artisti e attraverso diversi generi esaltano la nebulosa gender

Quella che, tra reale e virtuale. Arte e società, prova a raccontare per immagini l’algoritmo gender. Tema che la rappresentazione iconografica prova a stigmatizzare non nella sua sfuggente definizione sessuale – che l’universo arcobaleno Lgbt disconosce come punto di partenza –. Ma nella sua più estrema accezione fluid. Nella sua più aspra nebulosità. Declinata a tempi. Mode. Spazi e, soprattutto temi. Dalla razza allo sport. Passando per i generi: questa volta, però, intesi in senso figurativo (dal dipinto al fumetto).

Nelle opere, tra tele e vignette, corpi svuotati di un timbro sessuale

Corpi, corpi e ancora corpi. Svuotati di un timbro sessuale e coperti appena di pizzi e di pelle che muta. Una delegittimazione e rigenerazione continua con l’ego della rivendicazione gender a fare da contrappunto alle diverse divagazioni sul tema. Che, come è facile immaginare, hanno astrattamente e figurativamente un obiettivo: raggiungere il traguardo dell’individuazione di un sesso. Una idea, una razza. E un genere, costruiti sulla coesistenza del molteplice che annulla differenze dettate dalla natura e contrapposizioni fisiologiche. E, ovviamente, esalta il fluid.

Con buona pace del dibattito parlamentare sul Ddl Zan…

Il gender fluid che aleggia nelle opere e per le sale della mostra, con il peso di una pretesa ipoteca sul futuro. Perché se la discussione che ruota intorno il mondo condensato e rilanciato nel Ddl Zan si è arenata nelle maglie del dibattito parlamentare, nelle opere in mostra non si discute: si dà per acquisito. Non ci si confronta: si delinea un prototipo in un tutta la sua indefinita fluidità.

In mostra un racconto creativo che nega identificazione e diversità

E allora, scrive oggi La Stampa raccontando la mostra, «le schiene non lasciano indizi. Le trecce ancora meno e ogni singolo essere si porta addosso la pretesa di una libertà assoluta e la convinzione di essere più di un uomo, una donna, un gay, un cisgender, più delle curve di una bambola o dei peli di una barba. Non smarriti, solo ostinatamente fluidi». Figure pericolosamente senza entità, quasi indistinguibili. Protagonisti di un racconto iconografico che mette al centro un processo creativo e sociale che nega caratterizzazione. Personalizzazione. Identificazione. E non ci si può arrendere a questo…

 

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