21enne morto tre anni fa a Potenza, l’appello disperato della famiglia: «Vogliamo la verità»
Da tre anni ad Altamura, in provincia di Bari, una famiglia non si dà pace nella ricerca della verità sulla morte di un ragazzo di 21 anni, Michele Rifino, che perse la vita il 16 settembre del 2018 in un incidente in moto ad Armento, in provincia di Potenza. Dal primo giorno i genitori Filippo e Anna conducono una battaglia per conoscere la vera dinamica dei fatti. Non credono alla prima ricostruzione in base alla quale il ragazzo sarebbe uscito di strada da solo, finendo contro un albero, senza responsabilità di terzi. Una ricostruzione suffragata da un testimone.
21enne morto a Potenza, i genitori vogliono verità
I genitori ipotizzano uno scenario diverso. Secondo loro qualcuno ha provocato l’incidente, quindi è stato un omicidio colposo. Quella domenica mattina Michele Rifino incontrò un gruppo di motociclisti di Altamura al quale da poco tempo si era avvicinato, era il più giovane. Insieme, quasi una decina, partirono alla volta della Basilicata. Alle 12 il tragico schianto, sulla strada statale 598 della Val d’Agri. Sull’accaduto procede la polizia stradale del distaccamento di Moliterno.
«Tanti elementi non tornano – dice all’Adnkronos il padre Filippo Rifino – e infatti è stata aperta un’inchiesta. Alla Procura è arrivata una lettera anonima in cui si ricostruisce per filo e per segno quello che è accaduto e che noi abbiamo sempre ipotizzato. Michele non uscì di strada da solo, qualcuno gli tagliò la strada. Per questo invitiamo l’autore dell’esposto anonimo a farsi avanti e raccontare la verità. Solo così noi possiamo avere pace perché aver perso Michele, senza sapere perché, è un lento morire ogni giorno».
I dubbi sull’incidente avvenuto a Potenza
Subito dopo l’incidente sono sorti i dubbi per così come era stato inizialmente prospettato. Dal casco del ragazzo mancava una piccola telecamera che portava sempre con sé. Non si trovò in tutte le perlustrazioni nella zona dell’incidente. Dettaglio ancora più significativo, come rileva la famiglia, l’oggetto risultò come sfilato, non strappato dai cavi e dall’alloggiamento come conseguenza di un violento impatto. Sulla marmitta della “Triumph” del ragazzo è stata riscontrata la presenza di vernice di un altro veicolo. Inoltre sull’asfalto, in prossimità del punto di impatto, sono stati rilevati dei residui gommosi, presumibilmente di pneumatici, e sono tracce che corrono parallele in modo ravvicinato o s’intersecano. La famiglia Rifino è certa che la verità sia un’altra.
«Noi siamo certi – dice il padre – che un altro motociclista ha tagliato la strada, ha urtato la moto di Miky ragazzo facendogli perdere il controllo. Nella lettera anonima si riporta che l’incidente in cui ha perso la vita nostro figlio era stato provocato da un’altra moto, pertanto la conferma che quelle frenate appartengono a più moto e non a quella di Miky». È stata effettuata una perizia su un’altra moto, appartenente ad una delle persone presenti quel giorno.
L’appello dei genitori
«Ma dopo due anni e mezzo la moto è stata completamente rimessa a nuovo senza nessuna traccia di collisione – sottolinea Filippo Rifino – e per questo noi facciamo appello a chi ha scritto la lettera anonima a dire tutto. Il caso non deve essere chiuso. Noi non puntiamo il dito contro nessuno ma deve parlare chi sa come realmente sono avvenuti i fatti. Andremo avanti, non daremo pace a chi vive con questo grosso peso sulla coscienza, perché solo con la verità avremo un po’ di pace, anche se non riavremo più il nostro Miky. Se fosse accaduto a un loro figlio, sono certo che anche loro farebbero come noi».