Manifesti con le bestemmie a Napoli, i curatori della mostra esaltano la trovata degli “artisti”
Nessuna condanna e, anzi, un ringraziamento agli artisti che li hanno realizzati. Gli organizzatori della mostra “Ceci n’est pas un blasphème” in corso a Napoli, in riferimento alla quale in città sono apparsi manifesti con bestemmie, non ci pensano proprio a prendere le distanze da quell’iniziativa. «Condanniamo il gesto degli artisti? No, li ringraziamo. Ben venga il subvertising che ci risveglia dal torpore», è la loro posizione, che fa riferimento a «una tipologia d’arte che “abusa”, sabota e si riappropria creativamente degli spazi della pubblicità e della propaganda per restituire messaggi di protesta, di libertà, sovvertendo i concetti che abitualmente ci educano e ci condizionano».
La difesa dei manifesti con le bestemmie
I cartelli con le bestemmie, hanno poi chiarito gli organizzatori della rassegna che si presenta come festival “delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa“, «sono spuntati negli spazi normalmente riservati alle affissioni pubbliche del Comune di Napoli, ma non si tratta di cartelloni pubblicitari per il nostro evento, né di alcuna operazione gestita da politici o partiti. Non vogliono in alcun modo indirizzare la prossima tornata elettorale (in che modo poi, lo farebbero, stentiamo davvero a capirlo)». «I manifesti recanti bestemmie (alcune palesemente ironiche e riferite a divinità inventate) o immagini anticlericali sono il frutto di un’azione di subvertising», hanno proseguito, sostenendo che questa tecnica «anziché contaminare la nostra percezione in favore del consumo passivo di idee e immaginari, provoca la nostra attenzione su contenuti che in altro modo non ci verrebbero proposti».
Un modo come un altro per farsi pubblicità
Assolvendo se stessi, poi hanno assolto anche il Comune, che patrocina la mostra e che a sua volta è finito al centro delle polemiche. «Non ha alcuna responsabilità al riguardo». Gli autori, che hanno usato gli pseudonimi di Ceffon, Illustre Feccia e Hogre è stata la giustificazione, «sono anonimi, non ne conosciamo la reale identità, ma ne seguiamo il lavoro creativo da sempre». «Alcune loro opere sono esposte al Pan all’interno della mostra e questo è stato un loro modo di destare curiosità e, sicuramente, anche provocare per spingere a riflessioni più profonde», hanno aggiunto, ribadendo il supporto alla trovata. «Ringraziamo gli artisti. La contrarietà dei cittadini, che hanno fatto notare che i manifesti appaiono anche in prossimità di luoghi di culto o frequentati da bambini, ci spinge a credere ancora più convintamente che le azioni di subvertising siano fondamentali», hanno sostenuto gli organizzatori della mostra.
“Artisti” ringraziati, cittadini sotto accusa
«Questi stessi cittadini, infatti, non hanno nulla da dire, sono assolutamente assuefatti ai messaggi pubblicitari che pure affollano quelle medesime vie, in prossimità dei medesimi luoghi di culto o frequentati da bambini. Messaggi pubblicitari che inoculano un uso erotico del corpo femminile e dell’infanzia, che promuovono canoni estetici frustranti e irraggiungibili per persone comuni, che associano la bellezza al possesso di beni inutili, costosi, classisti. Ecco – hanno concluso – a tutti questi messaggi diseducativi, privi di etica, i cittadini non si contrappongono, se ne lasciano sedurre. Per noi ben venga il subvertising che, a colpi di Ceffon(i), ci risveglia dal torpore». Insomma, il problema sarebbe il comune sentire dei cittadini, non l’offesa che riceve da quei manifesti.
(Le foto dei manifesti vengono dalla pagina Facebook di Ceffon. Qui abbiamo scelto di oscurare i contenuti blasfemi)