Eni, è tutto un “tarocco”: falsi i dialoghi in chat tra l’accusatore Armanna e Descalzi. E i pm sapevano
L’inchiesta taroccata sull’Eni non smette di stupire. E sempre nel segno di Vincenzo Armanna, l’accusatore considerato un oracolo dai pm milanesi, ma che i giudici hanno rivelato essere un pataccaro vendicativo che voleva solo rivalersi contro i vertici dell’Ente petrolifero. Che tale fosse, avrebbero potuto in realtà appurarlo i pm titolari dell’inchiesta se solo avessero dato peso ad alcune evidenze probatorie, da essi inspiegabilmente scartate. A cominciare dal video in cui Armanna, due giorni prima di recarsi in Procura, getta veleno contro Scaroni e Descalzi, all’epoca rispettivamente ad e dg dell’Eni. Non si accorge che l’avvocato Amara – gola profonda della “loggia Ungheria” – sta filmando il suo sfogo. A trovare quel video, tempo dopo, sarà casualmente il legale di uno degli imputati.
Armanna non è credibile
Fu proprio grazie a quel filmato che il collegio assolse tutti dall’accusa di aver corrotto con una maxi-tangente mezzo governo nigeriano. Ora, arriva un’altra prova che intorno all’Eni è andata in scena una grande farsa. Il merito questa volta è tutto del pm Paolo Storari, lo stesso oggi sotto procedimento disciplinare da parte del Csm per aver irritualmente informato Davigo sulle rivelazioni relative alla “loggia Ungheria“. È lui infatti, il 5 novembre scorso, ad accorgersi che le chat inviate nel 2013 da Armanna a Descalzi e all’allora capo del personale Eni Claudio Granata erano false. Nel suo smartphone c’erano, ma i numeri cui le aveva inviate non corrispondevano a quelli dei suoi supposti interlocutori nel 2013.
Il pm Storari aveva (invano) avvertito i suoi colleghi
Descalzi era titolare di quell’utenza solo dal 2017, Granata dal 2018. Storari fa solo un semplice accertamento presso l’anagrafe Vodafone. E quando realizza che le chat sono patacche ne informa i vertici della Procura e i titolari dell’inchiesta sulla presunta maxi-tangente nigeriana. Infatti, per la Procura di Brescia i colleghi di Milano sapevano. Ma come arrivano le chat di Armanna a Storari? Tutto inizia il 2 novembre 2020, giorno in cui un giornalista del Fatto Quotidiano, consegna ai pm che hanno letto l’intervista di Armanna del 30 ottobre le fotocopie delle chat. Si tratta di dialoghi già allora contestati dagli interessati e da Eni. A Storari suona impossibile negare qualcosa che risulta per tabulas. È il motivo per decide di approfondire con gli esiti che abbiamo già visto: i dialoghi erano falsi. Come tutta l’inchiesta che per anni ha paralizzato l’Eni.