Covid, Ricciardi. «Dicembre e gennaio saranno terribili. Siamo in piena seconda ondata»

7 Dic 2020 13:02 - di Prisca Righetti
Covid, Ricciardi

Covid, da Ricciardi arriva una bacchettata al governo (di cui è consulente per il ministero della Salute). «Dicembre e gennaio saranno terribili. Non s’investe in ricerca e serve un salto di qualità su organizzazione e gestione». La strada per arginare l’epidemia da Covid è tutt’altro che in discesa. Ne è convinto Walter Ricciardi che, nel suo intervento al quinto Orphan Drug Day-L’impatto della pandemia sui malati rari: destinati a tornare nell’ombra?, promosso online dall’Osservatorio malattie rare (Omar), ammonisce tutti. Dicendo: «Siamo ancora nel pieno della seconda ondata di Sars-CoV-2. Dicembre e gennaio saranno terribili per due motivi. Per i problemi nell’accesso ai servizi. E per le tante differenze a livello ragionale». Dunque, per il consigliere del ministero della Salute e docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma, «Molte regioni sono in ritardo. Il governo può fare solo moral suasion»…

Covid, Ricciardi: «Siamo ancora in piena seconda ondata»

Ora, inglesismi a parte, per l’esperto di governo, «siamo ancora in piena seconda ondata». Malgrado i numeri descrivano a suon di report periodici e bollettini quotidiani una curva in discesa, l’uscita dal tunnel sembra ancora lontana.  Per Ricciardi, insomma, sarà ancora lunga: «La situazione negli ospedali è migliorata», ma persistono ancora criticità. «Soprattutto sul personale sanitario: solo in quest’ultimo mese – prosegue l’esperto – sono stati infettati 30.000 operatori tra medici e infermieri. E quindi si è sguarnita la prima linea». In poche parole, riassume il consulente del ministero della Salute, «la pressione è ancora troppo forte».

Bacchettata al governo: «Ancora una finanziaria recessiva»

Non solo. A fronte di tutto ciò, segnala Ricciardi, «siamo ancora di fronte ad una finanziaria recessiva». E così, bacchettando il governo, l’esperto rileva: «Attualmente nella Finanziaria abbiamo investimenti per ricerca e innovazione pari all’1,53% del Pil. È la metà di quello che la Commissione Ue raccomanda. La Svezia mette il 4%. La Germania il 3,4%». E ancora:  siamo l’unico Paese dei 27 Ue che non ha ancora ingegnerizzato la valutazione etica dei trial. Siamo indietro sul regolamento comunitario che prevede un coordinamento europeo e di avere una serie di agganci a livello nazionale. Serve un salto di qualità sui fondi per la ricerca: a livello finanziario, ma anche organizzativo e gestionale». Non serve davvero aggiungere altro.

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