Governo, la profezia di Casini: «Sarà il disagio sociale a spazzare via il Conte-bis»
Non sarà una mina piazzata al suo interno bensì un’ondata alzata dal vento esterno a far deflagrare il Conte-bis. Di tanto almeno è convinto Pier Ferdinando Casini che di tanto ha parlato nel corso del collegamento con Agorà, la trasmissione di RaiTre. «Io – ha detto l’ex-presidente della Camera – non vedo uno Zingaretti, un Renzi e dei Cinquestelle che possono far cadere l’esecutivo, così come non sono i numeri al Senato che devono preoccupare Giuseppe Conte». Per Casini, infatti, il vero problema, quello che farà «deragliare il governo è la questione sociale». E spiega: «Abbiamo aree del Paese infiltrate dalla criminalità, rischiamo che questo fenomeno si estenda e che il disagio sociale esploda».
Casini ospite di Agorà
Il ragionamento del leader centrista è il seguente: l’Italia sta correndo verso una grave crisi economica determinata dalla pandemia. E questa situazione costituisce l’humus più adatto a favorire chi ha capitali da riciclare e così ipotecare attività produttive di ogni genere. E prendersi larghi strati di società. «Ma non è – ha concluso Casini – pura teoria, questo è qualcosa di concreto». Una previsione è una previsione, ma è altrettanto vero che l’ex-presidente di Montecitorio non è uno che parla a vanvera. La sua è piuttosto un’analisi di quel che potrebbe verosimilmente accadere se il governo dovesse continuare a non decidere rinviando ad altra data la soluzione dei nodi che gli stanno davanti.
«Scenario possibile in un Paese infiltrato dal crimine»
È del tutto evidente – e una vecchia volpe della politica come Casini non può ignorarlo – che la debolezza del Conte-bis di fatto espone il Paese a qualsiasi soluzione, persino a quelle che possono sembrarci oggi impossibili. Del resto, l’Italia è impantanata in una intreccio di burocrazie, paralizzata dagli scontri tra governo e Regioni e vigilata da un’Europa tornata a chiedere con insistenza riforme “lacrime e sangue“. Insomma, la tempesta perfetta. In ogni caso troppo dura da sopportare per un esecutivo fragile e malfermo come quello in carica.