Palermo, 12 condannati per le firme false: ci sono anche tre ex-deputati del M5S
Dodici condanne e due assoluzioni. È il bilancio del processo “firme false” contro altrettanti imputati tra funzionari comunali e dirigenti del M5S di Palermo. Per tutti l’accusa era di falso e della violazione della legge regionale che ha recepito il testo unico in materia elettorale. Condannati anche gli ex deputati Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita. Per loro il tribunale ha deciso una condanna a un anno e dieci mesi. Un anno ciascuno a Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, già deputati nell’Assemblea regionale. Unici assolti, «per non aver commesso il fatto», Pietro Salvino e a Riccardo Ricciardi. Nuti, Di Vita e Mannino, sono stati sospesi dal comitato dei probiviri del M5s. La pena più alta era stata chiesta per il cancelliere Giovanni Scarpello e l’avvocato Francesco Menallo, entrambi condannati a un anno e mezzo.
I grillini falsificarono migliaia di firme dei sottoscrittori della lista
Secondo la Procura, nella notte del 3 aprile 2012, durante la campagna elettorale per le amministrative di Palermo, al comitato del M5S furono ricopiate migliaia di firme per provare a rimediare a un banale errore su un luogo di nascita di un sottoscrittore. Il timore era quello di non riuscire più a raccogliere, nei tre giorni residui, le firme necessarie per la presentazione delle liste. Tutto sarebbe avvenuto, secondo l’accusa, su input di Nuti, candidato sindaco all’epoca dei fatti. Per scongiurare il rischio di non presentare la lista, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni in loro possesso, correggendo il vizio. Il cancelliere avrebbe dichiarato falsamente che le firme erano state apposte in sua presenza.
L’ombra di un regolamento di conti interno
«Tutti i moduli con le firme rischiavano di essere nulli – aveva spiegato in aula La Rocca non ricandidata nel 2017 perché sotto inchiesta -. Perciò si decise di ricopiarle. Eravamo inesperti, nessuno pensò che potesse essere una cosa tanto grave». Nel corso dell’arringa il suo difensore aveva attaccato Nuti, Mannino e Di Vita a testa bassa. In particolare il primo, accusato di «condotta calunniatoria» nei confronti di Ugo Forello, ex capogruppo M5S al consiglio comunale di Palermo. Tanto da chiedere al tribunale la trasmissione degli atti in Procura.