Addio a Pietro Anastasi, un figlio di Sicilia e un campione di un’Italia che non c’è più
Gli abbiamo voluto davvero bene a Pietro Anastasi. Per questo adesso il dolore per la sua scomparsa l’avvertiamo tutto e improvviso. Noi che ci siamo identificati in lui da ragazzi. Sin da quando calciavamo palloni di cuoio nei campetti polverosi e approssimativi della sperduta perifieria di un’Italia ancora autentica. Una Nazione del tutto diversa. Che ancora s’appassionava, gioiva, tifava per questo suo giovane campione venuto dal nulla. Entrato nei cuori di tanti e nelle case di tutti grazie più alle radiocronache del duo Carosio & Ameri che alle scarne immagini di una Tv in bianco e nero. Che tuttavia era il colore della maglia che Pietruzzo indossava. Bianconero lui, bianconeri noi. E tutti con quel numero 9 che le mamme cucirono sul dorso di magliette zozze di sudore e fango. Anastasi ha accompagnato un tratto importante della nostra vita, popolandone quindi i ricordi e moltiplicandone la nostalgia. Funambolo, acrobata, generosissimo e sempre pronto a dare fino all’ultima goccia di sudore, Pietruzzo è stato più di un mito sportivo. Non solo per tanta gioventù orfana di eroi, ma per quel mezzogiorno che si spaccava la schiena in fabbrica. Uno di noi, un ragazzo di quest’isola bella e dannata, migrato anch’egli a cercar fortuna. Da Catania a Varese e, poi, Torino. Corsa, dribling e tiro. E l’esultanza del pallone in rete. Sembra poco adesso, ma era quel tanto che rendeva felici tanti.
Pietro Anastasi, il “Pelè bianco”
Non amò mai ribalta o riflettori fuori dal rettangolo di gioco. L’umiltà è stata la cifra di quel carattere schivo. Ma se mai vi incuriosisse capire il perchè la Juventus, la squadra degli Agnelli, è quella ancora più amata in tutto il meridione, Pietro Anastasi è la risposta. Perchè con la Juve per ben 8 stagioni ci giocò Pietruzzo, il “Pelè bianco” dello striscione esposto dai siciliani che gremivano la curva Filadelfia. Cui un infortunio (causato da uno scherzo dalle consegenze cliniche!) impedì di giocare contro il vero Pelè ai mondiali del ’70. Solo due anni prima, la sua spettacolare mezza rovesciata dal limite dell’area mandò in visibilio l’Italia intera. Regalandoci la vittoria, ancora unica, agli Europei. Ecco, adesso non c’è più. Se l’è portato via una malattia, il nostro Pietruzzo. Ma con lui non se ne va proprio nulla. Rimane tutto. Nella mente e nel cuore. Perchè a Pietro Anastasi gli abbiamo voluto bene davvero.