Mafia Capitale, da M5S e Pd ancora sciacallaggio sulla pelle di Roma: «La sostanza non cambia»
A leggere certi commenti alla sentenza di Cassazione sul Mondo di mezzo sembra proprio che qualcuno sia rammaricato che a Roma non c’era la mafia. M5S e Pd, infatti, hanno accolto con freddezza una sentenza che, pur confermando il malaffare, libera la Capitale del marchio più infamante. Reazioni che non stupiscono, soprattutto per quanto riguarda i pentastellati, che su questa vicenda hanno costruito larga parte della loro ascesa romana.
Il “rammarico” dei Cinquestelle su Mafia Capitale
Oltre a Virginia Raggi, per la quale «comunque» esisteva un sodalizio criminale, si registrano anche le dichiarazioni di Luigi Di Maio e di Nicola Morra. Entrambi hanno sostenuto che «restano dubbi e perplessità». Ma come la magistratura, che da sempre per il M5S appare come entità di riferimento da osannare senza se e senza ma, oggi diventa soggetto che lascia «dubbi e perplessità»? Un corto circuito al quale ha cercato di porre rimedio Francesco D’Uva. Il questore della Camera s’è lanciato in un complicato per quanto breve ragionamento via twitter.
«La mafia – ha cinguettato – è dappertutto, in quanto metodo replicabile, prevaricazione e violenza. Rispetto per la sentenza su Mafia Capitale, ma come ha detto altre volte anche la Cassazione le mafie a Roma ci sono e vanno combattute».
Quel Pd che “dimentica” Coratti e Tassone
L’ansia di dichiarare non sembra, invece, aver colpito poi tanto il Pd, sebbene qualche esternazione improvvida si sia lo stesso registrata. In particolare, colpisce quella di Stefano Pedica, per il quale «la sostanza non cambia: era un sodalizio criminale che ha inferto una profonda ferita alla vita democratica della Capitale». «Roma è una città dove il malaffare e la corruzione esistono e bisogna lavorare per estirparle alla radice, a partire dalla pubblica amministrazione», ha detto Pedica, invitando a «fare controlli a tappeto in tutti i Municipi e dipartimenti» per rivoltare il Campidoglio «come un calzino».
Peccato solo che gli ex Pd Andrea Tassone, già presidente del Municipio di Ostia, e Mirko Coratti, già presidente dell’Assemblea capitolina, siano fra coloro che ieri sono stati condannati in via definitiva alle pene più alte. Così nella notte i carabinieri li hanno scortati in carcere per scontare i quasi quattro anni di pena residua. Con tanto di applicazione di “Spazzacorrotti”. Un “dettaglio” di cui deve aver mantenuto memoria, invece, la deputata Patrizia Prestipino, che più prudentemente su Twitter si è limitata a sottolineare: «È sparita la mafia. Resta solo la Capitale».