Processo Cavallini, l’ex parlamentare del Pd Gero Grassi pronto a testimoniare in aula
16 Lug 2019 16:57 - di Massimiliano Mazzanti
Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo
Gero Grassi, ex parlamentare del Pd e noto e attivissimo membro dell’ultima commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro, è pronto anche a testimoniare al processo a carico di Gilberto Cavallini, qualora i magistrati di Bologna fossero veramente interessati a capire quali potrebbero essere le carte ancora secretate che “cambiano radicalmente lo scenario relativo alla strage del 2 agosto 1980”. Però, avverte Grassi, “al pari di Carlo Giovanardi e di Maurizio Gasparri, i quali hanno letto esattamente le cose che ho letto io, nemmeno in un’aula di tribunale potrei venire meno al giuramento di segretezza a cui siamo tenuti: il contenuto di quelle carte potrebbe essere rivelato solo per ordine del governo, dietro un’espressa richiesta dei giudici”.
D’altro canto, a tutt’oggi, la desecretazione del materiale sul così detto “Lodo Moro” sembra essersi impantanato sulla presunta genericità della richiesta avanzata dalla difesa dell’imputato che, a detta della Corte d’assise, non sarebbe stata in grado di indicare con precisione quali documenti richiedere e per quali ragioni avrebbero attinenza col processo in corso. “Sembra un po’ una questione di lana caprina – dice ancora Grassi – poiché è chiaro che si sta parlando precisamente delle carte di cui ha scritto, e cito lui solo per ragioni cronologiche, perché lo ha fatto proprio di recente, Renato Farina su Libero. Se e quanto siano attinenti al processo, poi, lo si potrà stabilire solo leggendole, ma è chiaro che lo sono”. Comunque sia, i difensori di Cavallini – gli avvocati Gabriele Bordoni, Alessandro Pellegrini e Mattia Finarelli – hanno intenzione di citare Grassi in tribunale e comunque di contattarlo per farsi confermare formalmente l’esistenza di carte importanti per la verità su Bologna. “Se mi chiameranno, risponderò anche agli avvocati di Cavallini, sempre limitandomi a dire quello che posso dire nel pieno rispetto del vincolo della segretezza. D’altronde, la questione più che giudiziaria, è politica, nel senso che tutti – Destra, Sinistra e Centro – dovremmo smetterla di fare un uso politico della memoria, delle stragi e del terrorismo, perseguendo laicamente la verità a vantaggio del Paese tutto e di una condivisione reale, poiché fondata sui fatti, del passato”. Un risultato ancora distante, sembrerebbe, non ostante si parli di storie di 40, 50, anche 70 anni or sono? “Eppure – conclude Grassi – un tempo esponenti di Alleanza nazionale, Enzo Fragalà e Alfredo Mantica, indicarono una strada su cui molti di noi si trovarono d’accordo: verità in cambio di impunità. Io credo che sulla storia del Paese – storia, per altro, spesso inquinata da interessi stranieri – la Repubblica non ci perderebbe niente se, rinunciando a qualche processo e a qualche condanna che sarebbe ormai pure tardiva, ottenesse, però, la conoscenza certa dei fatti che hanno insanguinato o anche solo condizionato la nostra vita. Sarebbe una ricchezza conquistata, non una sconfitta dello Stato”.