Legittima difesa, Salvini vuole la legge entro domani: 32 grillini gli voltano le spalle (video)
«Domani la approviamo», ha assicurato Matteo Salvini lasciando l’Aula di Montecitorio, dove è in corso la discussione sulla legittima difesa. «Ci sono problemi, ci saranno modifiche? No, chiudiamo domani», ha assicurato il vicepremier. Alla prima prova, però, l’iter si è dimostrato molto più accidentato di quanto il ministro dell’Interno abbia voluto lasciar intendere: alla votazione numero uno sono risultati assenti 32 deputati del Movimento 5 stelle, missioni escluse. Nei banchi del governo, inoltre, erano presenti solo esponenti leghisti. Dunque, al netto delle ostentazioni di sicurezza, è evidente che all’interno delle due anime del governo le fibrillazioni (anche) su questo tema sono tutt’altro che rientrate. Un problema non da poco per Salvini, per il quale la legittima difesa è provvedimento di bandiera forse perfino più di quanto la Tav lo sia per i grillini.
Assenti i deputati M5S contrari al provvedimento
Le premesse, dunque, sono quelle della guerriglia – magari anche tattica, mentre in queste poche ore rimaste su altri tavoli si giocano carte strategiche. Ciò che è certo, comunque, è che per molti deputati pentastellati il provvedimento sulla legittima difesa resta più che indigesto, anche al di là delle guerre di posizione. Il problema, insomma, appare essere la solita incolmabile distanza politica e ideologica che, con buona pace del contratto, resta e si allarga tra i due partner di governo. Non a caso fra gli assenti spiccavano i nomi di parlamentari M5S che hanno ampiamente manifestato perplessità sulla misura: da Valentina Corneli a Yana Ehm, da Riccardo Ricciardi a Doriana Sarli e Gilda Sportiello.
Il dossier grillino contro la legittima difesa
Non solo. Mentre ieri Salvini assicurava in una conferenza stampa che la legittima difesa «entro marzo sarà legge» e «l’accordo è chiuso con i 5 Stelle», in casa grillina iniziava a circolare un dossier sulle «criticità» contenute nel provvedimento, volto a «smontarlo in punta di diritto». Si tratta di un testo di 10 pagine, redatto dalla deputata Rina De Lorenzo, che era nella pattuglia che una decina di giorni fa ha deciso di disertare il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità e che ora è fra coloro che minacciano di fare altrettanto sui punti del provvedimento considerati più indigeribili. Il testo parte con mettere in discussione l’assunto cardine della riforma, ovvero che la difesa è «sempre» legittima (una «presunzione» che nel dossier viene bollata come «chiaramente costituzionalmente illegittima»), e prosegue smontando quasi articolo per articolo, fino ad arrivare a citare le parole di contrarietà alla legge del presidente dell’Anm, Francesco Minisci. Praticamente una dichiarazione di guerra.
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