Spelacchio è morto. E l’ennesima figuraccia Capitale corre su Facebook
Spelacchio è morto. Viva Spelacchio. L’indolenza romana che muta in farsa ogni tragedia s’arricchisce adesso dello sberleffo via social. E così la Città Eterna s’accinge a celebrare solenni funerali Facebook all’abete rosso proveniente dalla val di Fiemme, intubato in piazza Venezia e dichiarato tecnicamente deceduto dagli addetti del comune di Roma. Un sacco di soldi (si vocifera di 48 mila euro) spesi e un sacco di critiche, di proteste, di sghignazzi e sberleffi ricevuti. Cosicché dieci giorni sono stati più che sufficienti per fare di Spelacchio un divo delle discussioni, dei social e delle tv. E per dare quindi un’ulteriore, pesante mazzata alla residua credibilità della sindaca Raggi e della giunta grillina che regge il Campidoglio. I quali grillini, dopo una arcigna quanto incomprensibile difesa dell’abete evidentemente compromesso, hanno dovuto constatarne l’avvenuto e prematuro decesso. Il perché e il percome si vedrà. Non mancherà l’inchiesta né mancheranno le spiegazioni più o meno attendibili. Per adesso c’è da registrare la precisazione giunta dal paese di Spelacchio: “quando è partito dalle nostre valli era in ottime condizioni, come dimostrato dalle foto. Qui è stato legato correttamente, – ha spiegato Ilario Cavada esperto della Magnifica Comunità della Valle di Fiemme che ha fornito alla Capitale l’albero di Natale – una manovra necessaria per farlo entrare in un autoarticolato. Escludo che sia seccato così in fretta per colpa del freddo, o, come detto da qualcuno, perché avvelenato perché non ci sono evidenti sintomi per avvalorare questa ipotesi”. “Quello che è successo – ha concluso Cavada – è che sia stata eseguita non correttamente l’operazione di slegatura della pianta una volta arrivata a Roma, procedura, questa, di estrema delicatezza perché c’è il rischio di rottura dei rami. Ecco, a mio giudizio, e senza accusare nessuno, la causa di quel che è successo va ricercata in questa fase”. Errore o sciatteria o volontarietà a questo punto poco importa. L’abete rosso, ribattezzato Spelacchio, sarà sostituito alla bell’e meglio. Ma la figuraccia mondiale rimediata da Roma sarà difficile da dimenticare.