Nordcorea, i media alzano il tiro: «Trump ha offeso Kim, merita la morte»
L’editoriale di un giornale di Pyongyang è arrivato a chiedere la pena di morte per Trump, reo di aver cancellato la visita nella zona smilitarizzata al confine tra le due Coree e, dunque, macchiatosi del reato di “lesa maestà”. Così, il conflitto diplomatico tra il dittatore nordcoreano Kim jong-un e il presidente americano – che solo qualche giorno si era arenato al tweet della Casa Bianca il cui il tycoon aveva cinguettato: «Perché Kim mi insulta dicendo che sono vecchio? Io non lo definirei mai basso e grasso» – e fin qui proseguito tra minacce e offese ormai di rito, ora è entrato direttamente nel vivo affidato alle colonne del giornale Rodong Sinmun, attraverso cui i media nordcoreani hanno sentenziato: Trump ha offeso Kim: merita la pena di morte.
Pyongyang, pena di morte per Trump
Dunque, neanche a dirlo, la maestà lesa è il leader di Pyongyang che, a detta dell’editoriale redatto in stile Pravda dei bei tempi di una volta, si sarebbe macchiato del «crimine peggiore per il quale non potrebbe mai essere graziato, e con cui ha osato in modo maligno ferire la dignità della leadership suprema», ha denunciato solennemente il giornale che poi ha anche aggiunto: «Dovrebbe sapere che è solo un orrendo criminale condannato a morte dal popolo coreano». E l’insulto, neanche a dirlo, sarebbe quanto compiuto nei giorni scorsi durante il tour asiatico appena concluso, quando Donald Trump, definito da Rodong Sinmun addirittura un «codardo», si sarebbe macchiato dell’onta di depennare dall’agenda la visita nella zona smilitarizzata al confine tra le due Coree: visita annullata dalla Casa Bianca per la fitta nebbia che aveva reso impossibile volare fino a lì da Seul.
L’accusa in un editoriale: lesa maestà…
Apriti cielo: nel giro di poche ore il sospetto si è alimentato nutrendosi di ingiurie e recriminazioni, fino alla sentenza finale emessa a mezzo stampa: la condanna a morte comminata nel dispositivo dell’editoriale dalla giuria del popolo coreano. E tra le motivazioni della sentenza, quanto alla mancata visita al 38° parallelo, il Rodong Sinmun ha scritto: «Non è stato il tempo» la causa della cancellazione, «era solo troppo spaventato per guardare negli occhi i nostri soldati». Si attende l’arringa difensiva o, quanto meno, un tweet di risposta…