Calcio: Tavecchio liquida Ventura, ma resta incollato alla poltrona Figc

15 Nov 2017 19:21 - di Domenico Labra

Carlo Tavecchio non schioda dalla poltrona della Figc. Questa è l’Italia, non c’è nulla da fare. Nè da dire. Che il pesce puzzi sempre dalla testa vale per gli altri, è solo un modo di dire. Ed è, in fondo, l’ennesima lezione che si può trarre da una vicenda così grottesca. Tavecchio è il principale responsabile della disfatta azzurra, della mancata partecipazione dell’Italia ai prossimi mondiali di calcio in Russia. Lui è il presidente della Federazione, è colui che ha imposto Giampiero Ventura come Ct della nazionale. Il danno è stato enorme: un disastro sportivo ed economico. Ma Tavecchio non si dimette. Non ci pensa neppure a lasciare quella poltrona. E all’allenatore che lunedì sera ha mandato in campo una squadra senza capo né coda ha fatto anche l’ultimo regalo: l’ha licenziato. Consentendogli così di agguantare quei denari in contratto sino a giugno del prossimo anno. Mica spiccioli: nel rapporto di lavoro tra la Figc e Ventura ballavano tra sette e ottocento mila euro! Adesso l’ex Ct potrà tornarsene a casa sereno: non essendosi dimesso, ma essendo stato cacciato non dovrà rinunciare a nulla. Intascherà per intero il corrispettivo. Tavecchio invece cercherà di resistere. Di far passare la bufera. Di prender tempo per avere anche lui qualcosa. Nessuno in teoria lo può cacciare, in nome dell’autonomia dello Sport. Principio inviolabile, dietro al quale s’è subito acquattato decidendo di resistere. E in effetti ci vorrebbe un richiamo perentorio. Un governo dello Sport serio e risoluto, per farlo andar via. Ci vorrebbe, ad esempio, che l’attuale ministro Lotti gli mandasse a dire che se proprio vuol rimanere, nessuna rimessa statale arriverà più per la federazione. Neppure un centesimo da parte dello Stato alla Federcalcio se gli attuali vertici non andranno a casa. Ma ci vorrebbero attributi veri e determinazione. E il furbo Tavecchio, supportato da vecchi volponi democristiani e finti rivoluzionari comunisti al ragù, avrà valutato che al momento la politica è piuttosto debole. Ecco che così ha deciso di rischiare il ridicolo e restare abbarbicato alla poltrona. Magari, fino a quando la pressione non si farà insopportabile e alle sue orecchie arriverà il sibilo della sonora pernacchia di milioni di tifosi azzurri delusi e incazzati. Vedremo.

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