Milano, si dimette il capo dei “ghisa” intercettato al telefono con un mafioso

3 Ago 2017 18:43 - di Redazione

Parlava al telefono con Domenico Palmeri, ritenuto dagli inquirenti un “facilitatore” della cosca catanese dei Laudani. È decisamente una brutta storia quella in cui è piombato Antonio Barbato, capo dei vigili urbani di Milano. Anche perché Palmeri, stando alle indagini, avrebbe chiesto informazioni su una gara d’appalto offrendo in cambio un pedinamento di un sindacalista con cui il capo dei “ghisa” era in conflitto.

Antonio Barbato era stato candidato con Rifondazione Comunista

Barbato è un ex-Martinitt, istituzione milanese che si occupa di orfani e bambini abbandonati, dal 1982 in forze alla Polizia municipale meneghina, dove ha ricoperto anche il ruolo di responsabile della Scuola di formazione del Corpo e capo di Gabinetto. Ma il suo momento di gloria lo ha vissuto nei primi anni Duemila: il ruolo di sindacalista di base, infatti, gli valse per ben due volte, nel 2001 e nel 2006,  il posto di candidato nelle liste di Rifondazione Comunista. Fu tra gli animatori dello sciopero dei “ghisa” ai tempi del sindaco Gabriele Albertini, prima amministrazione targata centrodestra a Milano. Proprio Albertini lo licenziò. Fu poi la magistratura a reintegrarlo.

Il capo dei “ghisa” era stato licenziato dal sindaco Albertini

Ora, invece, è lui ad aver chiesto al sindaco Sala di essere assegnato ad altro incarico. «Mi sento in un Paese strano, quello che è accaduto è una cosa inverosimile», ha detto Barbato commentando l’intercettazione in cui spunta il suo nome e allegata agli atti dell’inchiesta della Dda milanese sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Lombardia, in cui – va chiarito – non risulta indagato. Nel merito, però, l’ex-capo dei “ghisa” non dice molto. Si limita a negare di aver fatto seguire il sindacalista della polizia locale Mauro Cobelli, segretario cittadino della Cisl, con cui aveva avuto in passato forti contrasti: «Non l’avrei neanche pensato anche perché lo avevo già denunciato». Barbato è stato sentito dai magistrati come persona informata sui fatti. Ma questa mattina il Comitato sulla legalità di Palazzo Marino si è espresso affermando che «il solo ipotizzare di poter accettare l’ipotesi che una società di security faccia pedinare un proprio collega depone in senso avverso alla correttezza che un comandante deve avere».

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