Lotta alla povertà, il governo vara il “Rei”. Ma è poco più di un’elemosina
Come da copione, la montagna degli annunci del governo in materia di lotta alla povertà ha partorito il topolino di un aiutino (poco più di un’elemosina) che va sotto il nome di Rei, il reddito di inclusione, la versione Pd del reddito di cittadinanza vagheggiato dai grillini. La misura si rivolge a una platea di 400 mila famiglie, pari a circa 1,8 milioni di persone.
Il Reddito d’inclusione va da 160 a 485 €
Non si tratta certo di una novità assoluta. Il Rei, infatti, sostituisce il Sia, sostegno all’inclusione attiva e dal primo giorno del prossimo anno costituirà l’unica misura di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. L’importo dell’aiuto va da un minimo di 190 euro fino a un massimo che è pari all’assegno sociale per gli over 65 senza reddito, 485 euro. In ogni caso, dipenderà dal numero dei componenti della famiglia e dalla situazione familiare e reddituale. Il beneficio è condizionato alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà. Il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell’Isee, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro. Hanno priorità nell’accesso al Rei le famiglie con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati over 55. Il Rei è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa ma non con la contemporanea fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della Naspi o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria. Il sostegno sarà concesso per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere di nuovo.
Critici i consumatori: «Importi vergognosi»
Sul fronte delle reazioni politiche, ai toni trionfalistici del premier Gentiloni e di alcuni ministri fa da contraltare la delusione di Massimiliano Dona, presidente dell’Unc (Unione nazionale consumatori): «Importi vergognosi per chi è povero assoluto, ossia per chi non può permettersi di acquisire beni e servizi considerati essenziali come il cibo. Anche la platea è a dir poco insufficiente», è stato il suo commento. Fa invece storia a sé il governatore della Lombardia Roberto Maroni che il “reddito di autonomia” lo ha istituito due anni fa nella sua regione: «Ancora una volta – dice – è il governo che copia l’eccellenza lombarda».