Salvini: se c’è nostalgia di un nuovo Mussolini è colpa di Gentiloni e Boldrini

1 Feb 2017 9:36 - di Bianca Conte

Lo ha detto anche Giorgia Meloni qualche giorno fa, prima della grande mobilitazione di piazza condivisa con il leader del carroccio e il Presidente della Liguria Giovanni Toti: Trump fa e dice quello che noi italiani vorremmo veder fare e sentir dire anche in casa nostra. E allora ieri, dai microfoni di Agorà Duemiladiciassette su Raitre, Matteo Salvini ha ribadito lo stesso concetto e, come è solito fare, senza imbellimenti retorici di circostanza ha affermato: «Mi spaventa se mi metto nei panni di Letta, Monti, Gentiloni e Boldrini che non facendo nulla incentivano queste reazioni. Non tanto uomini forti, quanto idee forti: è quello che io mi sento di sottoscrivere». 

Salvini, ecco perché oggi si sente nostalgia per il Duce

Un concetto – quello della nostalgia politica per una figura autorevole come quella di Mussolini – nelle ultime 24 ore verbalizzato a chiare lettere, ma in realtà sfiorato sempre in questi ultimi anni di leadership al vertice della Lega: del resto, parlare di uscita dall’euro e di ritorno a un conio di casa nostra; invocare in ogni circostanza e comunque – sia che si tratti di sanzionare la dissennata politica sull’immigrazione, europea prima, e italiana poi, sia che si tratti di schierarsi con veemenza al fianco dei terremotati che continuamente, dal 24 agosto, denunciano uno stato di abbandono da parte delle istituzioni – la necessità di ribadire il diritto alla soddisfazione, in prima istanza, delle necessità dei nostri concittadini e poi quelli degli “ospiti” stranieri o dei burocrati di Bruxelles, insomma, evocare quello che è oggi un rinnegato o demotivato orgoglio nazionale, è diventato un concetto sempre più criminalizzato. Ecco perché, insomma, le affermazioni di ieri sera non sono nuove per Salvini: «Mussolini fece tante cose buone in vent’anni prima delle leggi razziali e dell’alleanza con Hitler» ha dichiarato in diverse occasioni pubbliche il leader leghista senza peli sulla lingua e senza timore di smentite. Una per tutte vale la pena di ricordare quando, esattamente un anno fa, ai microfoni della Zanzara su Radio 24, Matteo Salvini tornò a parlare di previdenza proprio nel momento in cui l’esecutivo guidato da Renzi stava per mettere le mani sulle pensioni di reversibilità.

Gli elogi del sistema previdenziale mussoliniano di un anno fa

Fu in quella circostanza che, con una sola recriminazione affondò ben due governi – quello Monti e quello allora in carica – semplicemente rilevando come se il Duce aveva portato la previdenza sociale, l’ex ministro del Welfare Elsa Fornero aveva fatto di tutto per distruggerla e affamare i pensionati e creare gli esodati. «Fu Mossuloni Fu Mussolini – continuò in diverse occasioni a ribadire l’inverno scorso Salvini, opportunamente ripreso da un servizio de il Giornale – a introdurre la pensione di reversibilità per garantire la natalità nel caso morissero lui o lei. La previdenza sociale l’ha portata Mussolini, non l’hanno portata i marziani». Proseguendo nella sua dissertazione che, nel lodare il passato, implicitamente lamentava le mancanze del presente asserendo: «In vent’anni, prima della folle alleanza con Hitler e delle leggi razziali, delle cose giuste le fece sicuramente: stiamo parlando dipensioni, delle bonifiche. C’erano intere città, come Latina, che erano paludi». E pensare che ancora non c’era stato il terremoto del centro Italia dell’estate scorsa…

 

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