Droga a Palermo, arresti allo Zen 2: un giro d’affari da 2500 euro al giorno
C’era una vera e propria regia nell’organizzazione di trafficanti di droga sgominata dai carabinieri allo Zen 2 di Palermo. È emerso, infatti, spiegano i carabinieri, «in maniera inequivocabile, come una regia comune guidava l’operato dei singoli pusher. Tutti gli indagati comunicavano costantemente tra loro. E scambiavano gli involucri costituenti le piccole scorte di sostanza stupefacente e addirittura le somme di denaro costituenti provento illecito. Nonché individuavano ed utilizzavano i diversi luoghi di occultamento della sostanza stupefacente. Ripartendola in nascondigli differenti in base alla tipologia della stessa (cocaina, hashish e marijuana), confezionata secondo modalità precise e costanti nel tempo (stecchette di hashish, bustine di marijuana, piccoli involucri a goccia per la cocaina)».
Droga allo Z 2, l’organizzazione dello spaccio
Il giro di affari era di circa 2.500 euro al giorno, mentre ogni pusher riceveva mediamente 50-80 ero al giorno. Come spiegano gli inquirenti «le attività delittuose erano regolate secondo una suddivisione in “turni”. Cosicché ad una prima fase che comprendeva tutta la mattinata, seguiva una seconda che abbracciava l’intero pomeriggio fino alla sera. Dopodiché, la notte fino alle otto circa. Ad ogni cambio turno, è stato puntualmente rilevato un metodico “passaggio di consegne” tra gli spacciatori che coprivano il turno appena terminato e coloro che subentravano». Significativo, inoltre, è ciò che è accadeva quando i carabinieri intervenivano nell’area d’interesse, procedendo all’arresto di uno o più pusher. I “capi” intervenivano sui luoghi, ispezionandoli ed impartendo direttive ai gregari. Poiché i traffici di droga dovevano proseguire, «dimostrando particolare dimestichezza nel far fronte alle sopravvenute esigenze. Scendere in piazza, farsi vedere in mezzo ai padiglioni da tutti gli altri pusher ancora presenti e non arrestati dai carabinieri, rassicurava la “piazza” e allo stesso tempo veicolava ai sodali un’immagine di potenza e immunità nei confronti delle azioni dell’Arma dei carabinieri».
Gli stratagemmi usati
Il sodalizio, in sostanza, si attivava prontamente dopo l’arresto di un pusher, poiché, dopo un breve periodo verosimilmente destinato alla riorganizzazione, veniva sostituito da altri complici. Così come i diversi tipi di sostanza stupefacente trovavano altre collocazioni tra i veicoli posteggiati o nei punti ritenuti più congeniali all’interno degli androni e dei corridoi dei padiglioni o, ancora, nei terreni incolti circostanti. A fronte di un intervento dei carabinieri, pertanto, l’attività di spaccio non si fermava. Il sodalizio si riorganizzava prontamente. E, «con sfacciata pervicacia, rimediava all’arresto di uno o più pusher reclutando nuove leve tra persone nuove e poco conosciute».