Salvatore e Pinuccio, stesso sangue e stessa passione politica. Eppure diversi

28 Gen 2017 13:31 - di Mario Landolfi

L’ultima volta che ho visto Salvatore Tatarella è stato all’incirca un anno fa, al Palazzo delle Esposizioni, in occasione del premio giornalistico intitolato al fratello Pinuccio. Mi piace partire da qui perché, anche se potrà sembrare strano, è proprio da Pinuccio che bisogna partire per parlare di Salvatore. Stesso sangue, stessa passione per la politica, tatarellianamente intesa come capacità di credere fino in fondo in una tesi. Di questa capacità Salvatore è stato esempio. A tal punto, da correre il rischio di non essere compreso. Gli capitò in un convegno di corrente, che Pinuccio, per finalità tuttora imperscrutabili, affidò alle cure di chi scrive e di Italo Bocchino, all’epoca parlamentari di primissimo pelo. Eravamo sul finire degli anni ’90, e nel suo intervento Salvatore picchiò duro sulla necessità per Alleanza Nazionale di aderire al Partito Popolare europeo. Figuriamoci, nel Ppe non c’era ancora entrato Silvio Berlusconi con le bandiere di Forza Italia e Tatarella junior già almanaccava su un’alleanza che eccetto i Fisichella, i Selva e i Fiori, in molti in An consideravano ancora un’eresia. Per la verità, neanche il senior gradì, non perché non condividesse l’obiettivo – anzi – ma il tempo scelto. E in politica, come nella musica, il tempo è tutto. Sulla lunga distanza ha avuto ragione Salvatore perché è esattamente nel Ppe che andammo a finire una volta confluiti nel PdL. Ma in quel pomeriggio del ’97 era  Pinuccio ad avere ragione. Fu quella una delle poche volte che i due parteciparono insieme ad una manifestazione di partito diversa da un congresso o da una riunione di altro livello “istituzionale”. Normalmente non si poteva. Pinuccio aveva persino impartito disposizioni affinché nessuno organizzasse eventi con la presenza concomitante dei due: «Aoh, ma chi ci entra in un partito dove comandano due fratelli?», era la sua ruvida spiegazione dell’editto pugliese. Una scuola per tutti, Pinuccio, soprattutto per Salvatore, che con il fratello maggiore condivideva il gusto per le sfide difficili, quando non addirittura temerarie. Stesso sangue, stessa passione, eppure diversi. Diversi solo come due fratelli possono essere.  Paradossi della genetica. Ad esempio, a Salvatore l’obiettivo politico piaceva dichiararlo, quando l’altro, il senior, era maestro nel lanciare fumogeni in grado di annullare ogni traccia del suo labirintico percorso mentale. E ora che si sono ritrovati, sembra già di immaginarli mentre discutono del prossimo progetto: Pinuccio con l’aria accigliata di chi ha capito tutto ma che non parla perché non si sa mai, e Salvatore con il sorriso sornione di chi la sa lunga e la vuole dire tutta. Soprattutto, prima degli altri.

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