Grillo ora teme i pernacchi della base: «La svolta garantista è un’altra bufala»

4 Gen 2017 13:45 - di Niccolo Silvestri

Si sente accerchiato Beppe Grillo ora che sta scoprendo quanto è dura la vita da leader politico. Fin quando il movimento cavalcava trionfalmente l’onda dei “Vaffa“, esserne il capo indiscusso lo gratificava, eccome. Poi, come sempre accade ai miles gloriosus, è arrivato anche per lui il momento di passare dagli insulti ai fatti.E qui si sgrana il rosario dei tanti misteri poco gaudiosi del M5S: a cominciare da quello di Federico Pizzarotti, uno della prima ora, sbrigativamente scaricato a seguito di un avviso di garanzia per abuso d’ufficio per via di una nomina nel teatro Regio di Parma e mai riammesso nonostante l’intervenuta assoluzione, per finire con quello di Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, alle porte di Napoli, prima difesa, poi ripudiata per una vicenda di abusi edilizi.

Due pesi e due misure sui sindaci indagati: decide solo Grillo

In mezzo a loro c’è Filippo Nogarin, il sindaco di Livorno difeso a oltranza nonostante avvisi di garanzia, carrozzoni municipali e rifiuti. Insomma, una politica da due pesi e due misure ora esplosa con il più misterioso dei misteri: Virginia Raggi e la sua giunta dei miracoli, con assessori dimissionari per incompatibilità ambientali e altri dimissionati per vicende giudiziarie. E proprio il destino della Raggi, sempre più impantanata nel caso Marra, ha “consigliato” a Grillo ad aggiornare in senso garantista il codice etico del M5S. Non sarà più una semplice informazione di garanzia a disarcionare un eletto a Cinquestelle dalla sua postazione pubblica, ma occorrerà una condanna in primo grado. Tutto risolto? Manco a pensarlo: il nuovo corso, suffragato dal voto di appena un terzo degi iscritti, non piace alla pancia profonda del MoVimento. E Grillo è costretto a fare l’equilibrista: nessuna svolta garantista ha scritto sul suo blog («è un’altra bufala di giornali e tv»). Ma poi ammette: «Non aspettiamo il terzo grado di giudizio. Nel M5S già al primo grado si prevede l’espulsione. Se nel Pd si applicasse lo stesso nostro Codice, non resterebbe quasi più nessuno».

Gli sviluppi del caso Marra a Roma preoccupano il M5S

Ma la svolta, per quanto negata a parole, esiste nei fatti. Provate solo ad immaginare quanto e quale seguito avrebbe raccattato il nascente movimeto se all’epoca dei Vaffa-day Grillo avesse arringato le folle tuonando “fuori dalle istituzioni chi ha riportato condanne in primo grado”. Lo avrebbero preso a pernacchie. Ora teme che gli arrivino per interposto sindaco di Roma e perciò corre ai ripari. Ma forse è tardi per le svolte. Più probabile che lo sgradito effetto sonoro gli arrivi ugualmente.

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