Feltri bacchetta Di Canio: «Perché ti penti? Ai fans di Castro tutto è permesso…»
«Non rinnego le mie idee. E la gente cambia. Io sono cambiato, non da ieri». Lei è fascista? «Preferirei evitare le etichette. Ho sempre spiegato come la penso, non è un mistero. Ma se mi chiede delle leggi razziali, dell’antisemitismo, dell’appoggio al nazismo, quelle sono cose che mi fanno ribrezzo». Quell’intervista di Paolo Di Canio al Corriere della Sera quale il calciatore si difendeva dall’accusa di essere razzista (e fascista) dopo la sua cacciata da Sky per un tatuaggio di troppo, non è piaciuta a Vittorio Feltri, direttore di Libero. Che lo ha bacchettato duramente accusandolo di incoerenza.
Feltri: «Ho sempre ammirato Di Canio, però…»
L’autorevole firma dei giornali di centrodestra ammette di aver sempre ammirato Paolo Di Canio. «Un calciatore di classe e uomo schietto, di quelli che di norma non cambiano mai. E invece è cambiato anche lui e di ciò mi rammarico. Ma non tanto. Recentemente lo hanno massacrato perché sul braccio ha mostrato un tatuaggio con la scritta Dux. Capirai che scandalo. Eppure a causa di questa scritta innocente lo hanno cacciato dalla TV (Sky) dove conduceva un programma sportivo, calcio. Perdere il lavoro non è piacevole. Perderlo per un motivo così idiota è un insulto alla logica», sostiene Feltri.
«Ai comunisti si perdona tutto»
Di Canio, in quell’intervista riparatoria, viene interrogato perfino su Giacomo Matteotti. «La vittima di un esecrabile omicidio politico. I regimi sono spesso nati in questo modo, da tutte le parti e tutti i colori. Ed è questo che li offusca e li priva di ogni ragion d’essere», era stata larisposta di Paolino. Che fa irritare Feltri: «Ai fascisti non si perdona nulla, neanche le opinioni. Ai comunisti invece si perdona tutto, specialmente le opinioni. Di Canio non cala completamente le brache, ma le sue brache scendono a livello delle caviglie. Egli afferma di essere pentito di aver fatto il saluto romano in campo, e di aver tenuto comportamenti da incallito camerata, come se politica e pedate al pallone fossero compatibili. Nella vita succede a molti di rivedere le proprie posizioni, non è questo il punto. Se Paolo si è accorto di essersi danneggiato sventolando la camicia nera, e se adesso tenta di rimontare la china per questioni alimentari, cioè trovare lavoro e nuovi mezzi di sostentamento, ha la mia comprensione. Cambiare bandiera, voltare gabbana si può. Lo hanno fatto in parecchi, quindi può farlo anche lui. E che Dio gliela mandi buona. Se invece la sua sterzata è avvenuta allo scopo di essere accettato dalla moltitudine dei conformisti, allora mi dispiace», dice Feltri.
Di Canio e gli adulatori del dittatore Fidel Castro
Felri ricorda all’ex calciatore: «Alcuni giorni fa è morto Fidel Castro e c’ è stato un rigurgito di marxismo. Il dittatore sanguinario è stato celebrato dai cripto comunisti e dai comunisti tout court come una divinità, l’ ultimo degli eroi del collettivismo. La stampa e la tivù hanno espresso su di lui elogi sperticati. Perfino il Papa, che mi assicurano essere un fervente cattolico, ha manifestato verso Castro una sorta di adorazione che mi ha fatto rizzare i capelli. Ma Fidel era un despota, ne ha uccisi più lui della meningite, ha soffocato la libertà, altro che il Duce: da Cuba i cubani non erano autorizzati a espatriare, chi lo faceva, e si faceva beccare, finiva in carcere o al cimitero. Chissà perché costui non è mai passato per quel che era… Le pare giusto caro Di Canio o non le viene il sospetto che si usino due pesi e due misure per valutare i tiranni? Mediti anche lei prima di battersi il petto». E quel suo sfogo contro l’ipocrisia della sinistra e dei media, in parte avallato dall’atteggiamento di Di Canio, già fa proseliti sul web, dove il conformismo non è di casa.