Carminati: quella volta che il pm Tescaroli cercò di accollarmi Calvi

6 Dic 2016 18:44 - di Roberto Frulli

Massimo Carminati attacca a testa bassa il pm del processo Mafia Capitale. E gli ricorda quella volta che aveva cercato di coinvolgerlo nell’omicidio Calvi. Senza, però, riuscirci. «Io non rinnego nulla della mia vita, è stata quello che è stata, ho sempre pensato che è meglio avere una idea sbagliata che nessuna idea. Non posso rinnegare i miei amici così faccio contento il dottor Tescaroli. Lui mi può anche chiedere l’ergastolo, è un suo diritto. Io ammiro la sua cattiveria professionale ma non può farmi la morale», dice Carminati, nel corso di dichiarazioni spontanee durante l’ultima udienza del processo Mafia Capitale.
«Non ho parlato per 40 anni ma quando inizio mi prende e parto. Io sono stato vittima per anni di leggende metropolitane – aggiunge Carminati – ma ho sbagliato perché io dovevo confutare queste cose una volta per tutte».
Carminati, quindi, coglie l’occasione per citare un’altra inchiesta condotta, in passato, dal pm Tescaroli, quella sull’omicidio del banchiere Roberto Calvi
«Nel 2010 mi sono svegliato una mattina – ricorda Carminati – e sui giornali ho letto di essere l’esecutore materiale del delitto Calvi ma a quel tempo ero detenuto e se non lo fossi stato probabilmente sarei stato processato anche per quel delitto».
L’ex-terrorista è tornato anche sul passato e sul conflitto a fuoco durante il quel rimase ferito ad un occhio
«La mia vita è stata la mia vita, l’ho pagata, non mi sono lamentato quando mi hanno sparato in faccia, mi hanno abbattuto in mezzo alla strada da disarmato perché il conflitto a fuoco se l’è fatto la Digos da sola quando m’ha sparato per un processo che si sarebbe poi chiuso con 3 anni e mezzo di condanna. Tescaroli lo sa benissimo non con cinque anni si è chiuso quel processo, in Cassazione mi hanno tolto le aggravanti. Non mi sono mai permesso di fare la morale a nessuno, non mi sono neanche costituito parte civile nei confronti degli agenti perché ho riconosciuto il loro diritto di poterlo fare in quegli anni».

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