Azerbaigian, il Papa in moschea: “Mai più violenza in nome di Dio”

2 Ott 2016 19:45 - di Redazione

E’ come un cerchio che si chiude. Così come aveva fatto appello alla pace in Nagorno Karabakh durante la visita nel giugno scorso in Armenia, ora, a completamento del suo trittico di visite nelle Repubbliche ex-sovietiche del Caucaso, giunto a casa dell’altro contendente, l’Azerbaigian, Papa Francesco ha rilanciato oggi il suo richiamo alla fine del conflitto mai risolto per l’enclave armena nel confini azeri. In questa unica giornata a Baku fitta di significati politici e interreligiosi – come i precedenti due giorni in Georgia si erano incentrati, oltre che sul tema della pace, sullo sforzo ecumenico -, il Pontefice ha anche ammonito, nell’incontro con le altre fedi religiose, che il nome di Dio non va mai “profanato” dagli “odi e contrapposizioni umane”.

L’incontro tra il Papa e il presidente Ilham Aliyev

Dopo la messa nella chiesa dell’Immacolata, unica parrocchia del Paese, per la piccola comunità cattolica locale, il Papa è andato in visita a Palazzo al presidente della Repubblica Ilham Aliyev.  Francesco ha subito richiamato alle autorità e allo stesso presidente l’imperativo della pace nella regione. “Ogni appartenenza etnica o ideologica, come ogni autentico cammino religioso, non può che escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio”, ha detto.

L’appello lanciato alla moschea “Heydar Aliyev”

Nel successivo incontro con i rappresentanti delle altre religioni alla moschea “Heydar Aliyev“, è stato però lo sceicco dei Musulmani del Caucaso, Allahshukur Pashazadeh, oltre a dare atto al Papa della sua “protesta nel collegare il nome d’Islam al terrorismo”, a riconoscere di aver “appreso con attenzione e rispetto le Sue parole di grande leader religioso riguardo l’importanza di una risoluzione pacifica del conflitto di Nagorno Karabakh fra l’Armenia e l’Azerbaigian”. “Il popolo, lo Stato e il capo dell’Azerbaigian – ha osservato lo sceicco – desiderano una risoluzione giusta e pacifica di questo conflitto sulla base delle norme del diritto internazionale”. “Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo Nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane”, ha detto il Papa avvertendo che le fedi “non devono mai essere strumentalizzate e mai possono prestare il fianco ad assecondare conflitti e contrapposizioni”. “Dio, e la storia stessa, ci domanderanno se ci siamo spesi oggi per la pace; già ce lo chiedono in modo accorato le giovani generazioni, che sognano un futuro diverso”, ha aggiunto. “Nella notte dei conflitti- è stato il suo appello – le religioni siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti”.

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