Antipolitica, Renzi perde la sfida. Per il centrodestra è l’ora del rilancio

25 Ott 2016 12:20 - di Lando Chiarini

Chi avesse avuto dubbi in proposito, ora può tranquillamente fugarli: la politica non conosce vaccini ma solo droghe. Se il premier Renzi avesse conosciuto questa elementare verità, di sicuro non si sarebbe imbarcato sull’affollato vascello dell’antipolitica con il folle proposito di combattere i grillini sul loro stesso terreno. Ma tant’è: sin dal momento del suo insediamento il premier ha ritagliato per sé il ruolo di grillino di Palazzo con il dichiarato intento di tagliare l’erba sotto i piedi ai vari Di Maio, Di Battista e compagnia insultante. Era convinto che un’antipolitica pilotata dal governo e soprattutto ben dosata avrebbe immunizzato il sistema dal virus dei Cinquestelle.

L’antipolitica in doppiopetto fa crescere solo il M5S

È accaduto invece l’esatto contrario: il metadone somministrato da Palazzo Chigi ha finito per eccitare ancor di più la Bestia trionfante. E per Grillo è stato un gioco da ragazzi infilzarlo in contropiede: ti è piaciuto, caro Renzi, spacciare il referendum come l’unica ricetta in grado di tagliare i costi degli onorevoli? Bene, allora vota la nostra proposta di dimezzamento dei loro stipendi in discussione alla Camera: hic Rodhus, hic salta. Qualcuno obietta che si tratta di una proposta che non diventerà mai legge. Sicuro, ma per il M5S si tratta di un dettaglio insignificante. La battaglia è esclusivamente elettoralistica e Renzi si avvia a perderla. E si può già scommettere che essa non sarà senza conseguenze per l’esito dell’appuntamento del 4 dicembre, rispetto al quale il premier sta ancora scontando gli effetti dell’improvvida personalizzazione che ha voluto imprimere alla campagna referendaria (“se perdo, me ne vado”). Ora ha commesso un secondo, clamoroso errore – inseguire i grillini sul loro terreno preferito – che la dice lunga sulla sua lungimiranza strategica e la sua lucidità politica.

Berlusconi ricompatti la coalizione sul “no” al referendum

Buon per il centrodestra, cui il derby tra Pd e M5S a chi la spara più grossa al festival della demagogia schiude la possibilità di tornare protagonista, a patto – ovviamente – che non si iscriva alla gara in corso. Tutt’altro: Berlusconi farebbe bene a cogliere l’occasione del referendum per indicare a un’Italia tanto imbufalita quanto disorientata la strada per un’uscita ordinata dal marasma in cui l’antipolitica in doppiopetto di Renzi e quella sguaiata di Grillo l’hanno precipitata. Il “no” è imposto dal testo di una riforma scritta coi piedi. Ma subito dopo occorrerà rimettere mano ad una legge elettorale che riassegni lo scettro della sovranità ai cittadini. La sedicente anticasta fa proseliti anche perché è stato spezzato il legame tra territori e rappresentanza. Riattivarlo sarà il primo tassello su cui ricostruire la legittimazione e la dignità della politica.

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