Usa, pagato riscatto all’Iran? Obama: ma no, è un vecchio debito con lo scià

18 Ago 2016 16:43 - di

Ennesimo giallo internazionale. E anche stavolta riguarda i rapporti Usa-Iran. Il pagamento dei 400 milioni di dollari all’Iran coincide con il rilascio di alcuni prigionieri americani nel Paese asiatico. Gli Stati Uniti non hanno consentito a Teheran di mettere mano sui fondi fino a che un aereo delle forze militari svizzere non ha partito dall’Iran. Lo riporta il Wall Street Journal, sottolineando che una volta decollato l’aereo svizzero, un velivolo cargo iraniano è partito con da un aeroporto della Svizzera con destinazione Teheran con i soldi a bordo. I fondi erano in euro, franchi svizzeri e altre valute, con il volo andata e ritorno da Teheran a Ginevra organizzato dai manager della Iran Air. «La nostra priorità era portare gli americani a casa», affermano alcuni – peraltro anonimi – esponenti americani. Le autorità americane hanno negato che si trattasse di un riscatto ma la tempistica ha suscitato dubbi.

Il riscatto sarebbe stato pagato per prigionieri Usa

La storia è questa, e ha scatenato una furiosa polemica negli Usa, sul pagamento di 400 milioni di dollari in contante da parte degli Usa all’Iran lo scorso gennaio in coincidenza con la liberazione a Teheran di alcuni prigionieri americani, tra cui il corrispondente del Washington Post Jason Rezaian. Il presidente Usa Barack Obama e altri dirigenti statunitensi sostengono che si tratta della prima tranche di un accordo da 1,7 miliardi di dollari per risolvere una disputa risalente alla fine del regime dell’ultimo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, quando Teheran pagò 400 milioni di dollari al Pentagono per forniture militari poi non effettuate a causa della rivoluzione islamica che lo depose. Ma i repubblicani, riferisce ancora il Wall Street Journal, hanno annunciato di voler dare battaglia al Congresso in settembre sostenendo che quel pagamento equivale ad un riscatto per la liberazione dei prigionieri. Una tesi, a loro avviso, suffragata dalla coincidenza temporale: la somma fu imbarcata a Ginevra su un aereo cargo solo dopo che gli ostaggi decollarono da Teheran a bordo di un aereo svizzero il 17 gennaio, dopo un ritardo che le autorità americane hanno spiegato con la necessità di localizzare e far imbarcare anche la moglie e la madre di Rezaian ma che uno dei prigionieri, il pastore Saeed Abedini, ha collegato ai movimenti di un secondo aereo, in base a quanto riferitogli da fonti dell’intelligence iraniana.

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