Ecco chi è Fetullah Gulen, l’imam miliardario che fa paura a Erdogan

17 Lug 2016 20:20 - di Valerio Falerni

Si chiama Fetullah Gulen l’ossessione di Recep Tayyip Erdogan. A tal punto da indurre l’autocrate turco a ingaggiare un braccio di ferro con gli Usa, cui pure lo legherebbero storici vincoli di alleanza politico-militare. Ma chi è Gulen, l’uomo che sta sottoponendo ad un vero stress-test i rapporti tra Ankara e Washington? Nato 75 anni fa a Erzurum, nella Turchia orientale, Gulen afferma di credere nella scienza, nel dialogo interreligioso e in una democrazia multipartitica, e avrebbe aperto anche canali di dialogo con il Vaticano e con organizzazioni ebraiche. È a capo di Hizmet, una comunità religiose che in Turchia conta decine di migliaia di attivisti e una cerchia di simpatizzanti stimata tra 4 e 5 milioni di persone. Ha fonda una rete di scuole e università private, non coraniche, diffuse in altri 110 Paesi, all’insegna di un Islam moderato e più aperto all’esterno. E poi c’è l’impero mediatico, che può contare tra l’altro su Zaman, uno dei quotidiani più stampati, e l’agenzia di stampa Cihan, che diffonde un’informazione capillare, soprattutto durante le elezioni. Il suo impero economico è valutato 25 miliardi di dollari.

Gulen è un ex-imam, fautore di un islam moderato

Da circa 17 anni vive in esilio in Pennsylvania, Usa. Nonostante sia dall’altro capo del mondo, Erdogan lo ritiene l’ispiratore del fallito golpe militare di venerdì scorso. Per questo ne ha chiesto la testa agli Usa, che – ovviamente – non vogliono dargliela. Anche perché gli esperti di “cose turche” sono convinti che Erdogan abbia in qualche modo favorito il golpe al solo scopo – una volta sventata l’insurrezione – di disfarsi dei propri nemici, primo fra tutti Gulen. Eppure c’è stato un tempo in cui i due erano amici. Anzi, la potenza mediatica di Gulen è stata messa al servizio di Erdogan nella sua scalata al potere, in nome della rivincita dell’Islam politico sul laicismo del padre fondatore Ataturk, di cui le forze armate sono tradizionali custodi. E proprio per sfuggire ai militari, Gulen nel ’99 scappa negli Stati Uniti.

Perseguitato in tutti i modi dal regime di Ankara

Il sodalizio con Erdogan però si interrompe drammaticamente con l’esplosione della Tangentopoli sul Bosforo, a pochi giorni dalle elezioni. Il sultano accusa Gulen di esserne il regista e di voler creare uno “stato parallelo”‘ infiltrando i suoi seguaci nelle file di polizia, magistratura e burocrazia. Da quel momento in poi è guerra aperta all’ex-amico in esilio, che si vede requisire la holding che controlla i suoi media, piuttosto critici verso il governo. E poi anche parte di un fondo governativo della Banca Asya, il “braccio finanziario” di Gulen. A Erdogan, però, non riesce il colpo finale: chiudere tutte le scuole del nemico, che oltre a costituire una delle sue principali fonti di guadagno, preparano i giovani – uno su quattro in Turchia – ad un Islam non in linea con l’ortodossia di Erdogan. Il “no” è arrivato dalla Corte Costituzionale, che ha accolto un ricorso presentato dal partito socialdemocratico di opposizione Chp. Nel frattempo, molti istituti sono stati chiusi comunque. Ma lo stop dell’Alta Corte è stata una beffa per il sultano, perseguitato ancora dal “fantasma” del suo ex-amico, che continua ad osservarlo dalla sua tenuta in Pennsylvania.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *