Prenestino oggi come ieri: l’assalto di sabato a CasaPound ha un precedente

15 Mag 2016 13:20 - di Antonio Pannullo

Cambiano le persone, i tempi, ma non i metodi: quanto accaduto sabato mattina a Roma, al quartiere Prenestino, dove alcune decine di estremisti di sinistra hanno vigliaccamente aggredito con bastoni, spranghe e catene un banchetto elettorale di CasaPound che pacificamente quanto legittimamente stava distribuendo materiale elettorale ai cittadini del quartiere, era già accaduto, con le stesse identiche modalità e circostanze, 42 anni fa. E nello stesso luogo. Sabato mattina gli intolleranti violenti della sinistra hanno ferito diverse persone tra cui un disabile inerme, simpatizzante di CasaPound. Accadde anche il 25 aprile del 1974, quando gli extraparlamentari di sinistra ferirono gravemente ad accettate un disabile missino, M.F., che era costretto su una sedia a rotelle. Sembra incredibile, ma è così: identiche le modalità, con un attacco studiato e preordinato contro chi non la pensa come loro, la vigliacca aggressione in tanti contro pochi, l’accanimento su un disabile colpevole solo di voler pensare con la sua testa. Medesimi i motivi di fondo: i gruppettari, o come li si voglia chiamare, extraparlamentari, autonomi, centri sociali, assaltarono 42 anni fa la sezione del Movimento Sociale di via Gattamelata (a pochi metri di distanza dove si è verificata l’aggressione di sabato mattina) perché uccidere un fascista non era reato, e perché non piaceva né al Pci né alle frange estreme comuniste che formazioni di destra potessero radicarsi nei quartieri popolari, dove per giunta riscuotevano e riscuotono consenso da parte delle fasce più deboli della popolazione per la loro incessante opera nel sociale. Prima di raccontare quel 25 aprile di tanti anni fa, ricordiamo anche un’altra circostanza identica: nel pomeriggio di 42 anni fa centinaia di attivisti missini si recarono nel quartiere, dopo l’assalto, ma le centinaia di compagni della mattina non si fecero vedere: ne fece le spese la vicina sezione del Pci che verosimilmente non aveva responsabilità nell’attacco armato ai missini. Sabato pomeriggio, alcune decine di militanti di CasaPound sono andate sul luogo dell’aggressione, ma anche in quel caso gli “eroi” dei centri sociali non si sono fatti vedere. L’intolleranza è dura a morire: sconforta vedere che ancora oggi ci sono persone che non tollerano che qualcuno la pensi diversamente da loro, e che per tacitarle utilizzino metodi violenti contrari a ogni convivenza civile e sociale.

Nell’aggressione a CasaPound ferito anche un disabile

Comunque, quel 25 aprile 1974 le cose andarono così. Al quartiere Prenestino c’era sin dal 1947 una forte sezione missina, animata da figure che sono diventate leggendarie nel mondo dell’attivismo tricolore: Angelino e Daniele Rossi, Raul Tebaldi, Gianfranco Rosci, l’ausiliaria della Repubblica Sociale Elia Porta, recentemente scomparsa all’età di 100 anni, altri combattenti della Rsi e tantissimi altri bravi e generosi attivisti. Chiaramente il lavoro capillare e sociale che faceva il Msi nel quartiere non era ben visto dai comunisti, che cercavano in ogni modo di colpire i “fascisti”. Così, il 18 aprile 1974, le sinistre organizzarono un corteo antifascista, proprio come quelli che ancora oggi fanno, che avrebbe dovuto passare davanti al “covo nero”. Purtroppo per loro, il covo nero di via Gattamelata quella domenica era ben presidiato, giacché i missini avevano avuto sentore di quanto stava preparandosi. Così il corteo rosso anziché passare davanti alla sezione “Barracu” (medaglia d’oro fucilata a Dongo dai partigiani) girò a sinistra alla traversa prima di via Gattamelata, e la cosa finì così. Ma la domenica successiva, che per giunta era il 25 aprile, gli extraparlamentari organizzarono un assalto alla sezione in stile militare, assalto che sarebbe dovuto partire da un analogo corteo antifascista. I missini non pensavano che la cosa potesse ripetersi, così la sede era presidiata solo da una trentina di attivisti. Tuttavia, come sempre si faceva, un paio di staffette in motorino furono mandate a vedere il corteo, e tornarono con notizie allarmanti: in coda al corteo c’erano i più noti guerriglieri comunisti di tutta Roma, e qualcuno probabilmente venuto anche da fuori. Ma era troppo tardi per mobilitarsi, il corteo era già partito, preceduto da due volanti della polizia. I “duri” del corteo erano all’incirca quattrocento: mentre dalla loro prima linea partirono fiondate, sassi e mattoni contro i missini, dalla seconda linea partirono contemporaneamente qualcosa come 80-100 bombe molotov, che se da una parte scompigliarono la polizia e i missini, dall’altra crearono una cortina di fumo e fiamme che rese anche a loro difficile la carica. Va detto che una delle prime bombe centrò l’auto della polizia che si incendiò, così come una automobile parcheggiata. La polizia arretrò (non diciamo “scappò” perché sarebbe irrispettoso) e i trenta giovani missini rimasero a subire l’assalto, di comunisti che brandivano, spranghe, manici di piccone, sanpietrini, asce, catene. Una parte dei difensori del fortino entrò nella sezione, che aveva la porta blindata, un’altra parte si disperse tra le vie del quartiere, mentre l’orda – è il caso di dirlo – attaccava tutto quel che si muoveva. Non riuscirono a entrare in sezione, ma ferirono diverse persone, tra cui, come si è detto, un missino disabile in sedia a rotelle. Alla fine arrivano i pompieri, la polizia, altri missini, i quali si rischierarono di fronte ai celerini, dietro cui a loro volta c’erano i militanti del Pci frattanto accorsi a difesa della loro sezione. Questi ultimi poi aggrediranno il segretario del Fronte della Gioventù G.M. che si era avvicinato troppo, e da solo. Servirà una vera azione da commando di Raul Tebaldi e di altri due missini per recuperarlo. La storia si ripete, come vediamo: ma finché ci saranno ragazzi che difenderanno il loro diritto non solo di parlare ma anche di esistere, c’è una speranza per questo Paese. Ricordiamo doverosamente e dolorosamente che la gloriosa sezione Prenestino del Msi fu segnata per sempre, un anno dopo, dall’omicidio di un attivista sedicenne, Mario Zicchieri, ucciso a fucilate davanti la sede da terroristi rossi, a riprova che l’uomo non conforme alla sinistra non deve neanche esistere, secondo alcuni. Ma questa è un’altra, terribile, storia.

(la foto di riferisce agli scontri avvenuti al Prenestino: i pochi missini si preparano a fronteggiare l’assalto di centinaia di autonomi)

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