Festa PD, Fassina escluso definitivamente dal TAR: “Ma i miei si asterranno”
Alle otto e quaranta di ieri sera Stefano Fassina risponde al telefono: «Ancora niente, ancora niente». Purtroppo ci tocca dargliela noi la notizia: confermata l’esclusione della sua lista. Silenzio. Ancora silenzio. Poi ripete con voce bassissima: «Ah, confermata…». Ci chiede qualche minuto di riflessione prima di parlare: «Richiamo io tra dieci minuti». Eccolo di nuovo, la voce è tornata quella di sempre: «Qualche speranza ce l’avevamo. Purtroppo ha prevalso il piano formale su quello sostanziale. Comunque non ci arrendiamo, faremo ricorso al Consiglio di Stato». Ma anche lui sa benissimo che la partita è praticamente chiusa. «Certo, è difficile essere ottimisti. Però ci proviamo», spiega a “la Stampa“.
Fassina: “Sono sicuro che gli errori siano stati involontari”
Ora i vostri voti sono in libera uscita, quanti sono e dove finiranno secondo lei? «Una ricerca dice che il 50 per cento finirà in astensione, un 25 per cento a Virginia Raggi dei Cinque stelle e un 20 per cento a Roberto Giachetti». E lei come voterà? «Guardi, non lo so e vorrei che lo decidessimo tutti insieme, a cominciare dall’assemblea che faremo martedì prossimo con i nostri 400 candidati». Ma lei non aveva detto a novembre che tra Pd e Cinque stelle avrebbe scelto questi ultimi? «Intanto parlavo di un’ipotesi nazionale e non romana, peraltro non ero nemmeno candidato ancora. Era solo un’ipotesi, magari polemica nei confronti di Renzi, ma solo un’ipotesi».
«Marchini ha fatto una svolta a destra molto preoccupante»
«Io non vedo nei programmi dei miei ex concorrenti qualcosa che possa avvicinarsi alle nostre idee. Manca totalmente la questione sociale, che per noi è fondamentale. E poi, diciamo la verità, lo slogan di Giachetti “Roma torna Roma” – proprio non mi convince. È quella Roma di prima che non ci piace ed proprio per contrastarla che mi ero candidato». Quale Roma? «Quella segnata dalla subalternità agli interessi forti. Parlo di chi ha costruito periferie per poi abbandonarle a se stesse». I costruttori insomma, altrimenti detti palazzinari? «Esatto».