Sesso in carcere per i detenuti? La rabbia degli agenti: «Non siamo guardoni»
Altro che spazio all’amore e all’affettività: nelle carceri di casa nostra le esigenze primarie sono ben altre. In una realtà come quella carceraria dove si verififcano con sconcertante frequenza tentativi di suicisio, atti di autolesionismo, risse e ferimenti, pensare al diritto a una tranquilla della vita sessuale del detenuto appare quanto meno inopportuno.
Sesso in carcere per i detenuti: una priorità?
E non solo… La questione apre anche ad altre prospettive polemiche, alcune delle quali evidenziate in queste ore – tra gli altri – da Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che sulla questione, senza perifrasi e facili concessioni al politicamente corretto, ha sostenuto: «I nostri penitenziari non devono diventare postriboli e i nostri agenti di Polizia penitenziaria non devono diventare guardoni di Stato». Commentando gli esiti del risultato di un tavolo tematico voluto dal ministro della Giustizia che si è occupato dei problemi legati al riconoscimento e all’esercizio del diritto all’affettività del detenuto, Capece ha anche precisato che le conclusioni dell’incontro «sono suggerimenti e proposte, ma non certo imposizioni inderogabili», anche perché il dirigente del sindacato ritiene che sarebbe meglio introdurre, piuttosto, «il principio di favorire il ricorso alla concessione di permessi premio a quei detenuti che in carcere si comportano bene, che non si rendono cioè protagonisti di eventi critici, e che durante la detenzione lavorano e seguano percorsi concreti di rieducazione. E allora, una volta fuori, potranno esprimere l’affettività come meglio credono».
Organico carente della Polizia penitenziaria: un problema trascurato
Una chiarezza d’intenti e una logica delle priorità stringenti. Per Capece e il Sappe, infatti, altri sono gli interventi urgenti per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: drammatico teatro di una guerra silenziosa che gli agenti si ritrovano a combattere ogni giorno nel silenzio delle istituzioni e – quasi sempre – dei media. E basta dare un’occhiata ai numeri per rendersene effettivamente conto: nel solo 2015, si sono registrati 7.029 atti di autolesionismo, 956 tentati suicidi sventati in tempo dalla Polizia Penitenziaria, 4.688 colluttazioni, 921 ferimenti. Sette le evasioni da diversi istituti penitenziari. Tutti fenomeni «in aumento da quando vi sono vigilanza dinamica e regime aperto per i detenuti. E nonostante la Polizia Penitenziaria sia carente di 8.000 agenti in organico – conclude Capece – la Legge di stabilità ha bocciato un emendamento che avrebbe permesso l’assunzione di almeno 800 nuovi Agenti».