Putin e Israele: la politica estera di Salvini parte da due punti fermi

27 Mar 2016 8:29 - di Redazione

Martedì, Matteo Salvini partirà per un viaggio a Gerusalemme e Tel Aviv con una nutrita delegazione leghista e soprattutto con un’agenda fitta di incontri di livello: un ministro, due viceministri, il vicepresidente della Knesset e Avigdor Liberman, leader del partito di destra «Israel Beitenu». È un salto di qualità nelle relazioni internazionali leghiste, finora segnate da qualche inevitabile delusione (il tentativo precedente di farsi ricevere in Israele non andò a buon fine , il visto negato dalla Nigeria) e qualche evitabile gaffe, come la visita di Salvini in Corea del Nord, «che sembra la Svizzera», e quel che è peggio insieme con Razzi, si legge su “la Stampa“.

Il tour israeliano è stato preparato con cura.

Il gran tessitore è il «ministro degli Esteri» leghista, il deputato romagnolo Gianluca Pini, e le dichiarazioni della vigilia certo non dispiacciono a Gerusalemme: «L’Europa dei matti vuoi fare entrare la Turchia e mette sanzioni contro i prodotti di Israele » , ha già tuonato Salvini. Pini mette le mani avanti dicendo che nell’annoso contenzioso mediorientale «Israele ha il 99,99% delle ragioni». Prevista anche una visita allo Yad Vashem dove Salvini farà una dichiarazione «molto netta» a sostegno dello Stato ebraico. Ma, spigolando nel programma, l’appuntamento più sorprendente è quello con monsignor Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico a Gerusalemme: «Il primo incontro ufficiale fra Salvini e un esponente della Santa Sede», chiosa soddisfatto Pini. Se tutto andrà bene, insomnia, è un bel colpo. Anche a uso interno: la credibilità di un leader si vede dai suoi contatti internazionali. Così , Salvini sta moltiplicando i viaggi all’estero, e sono lontanissimi i tempi di quando l’estero iniziava a Firenze.

In carnet c’è un viaggio in Giappone e poi Donald Trump

Anche in Europa c’è una nuova opportunità: la Brexit. Per l’europarlamentare Luca Fontana, ideologo della Lega salviniana, l’uscita della Gran Bretagna dalla Uè sarebbe la prova provata che la scelta europea non è irreversibile. «Manderemo una delegazione a Londra a esprimere il nostro sostegno», annuncia Pini, benché i rapporti con l’Ukip siano cattivi dopo che Farage ha deciso di non entrare nel gruppo anti-Ue al Parlamento di Bruxelles.

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