9 mesi d’inferno: un documento rivela cosa accade a una madre surrogata

7 Mar 2016 14:05 - di Redazione

Dal produttore al consumatore: regole ferree, disumane, sono alla base del “contratto” per chi si avvicina al commercio dei bambini, sfruttando l’utero di una madre surrogata. Un documento choc di cui è venuto in possesso Avvenire nel corso di un’inchiesta rivela l’inquietante commercio. Queste le parti in causa: «I due cittadini X e Y – entrambi italiani –, «sono denominati “Genitori”». La cittadina Z – di altra nazionalità, specificata – «è denominata “Madre”». Ma l’oggetto del contratto di surrogazione è il “Figlio”. I particolari sono agghiaccianti: dal figlio rifiutato se malato, alle visite a sorpresa per controllare la gestazione, ai diritti garantiti soltanto a chi paga, fino al particolre disumano delle “penali” che la madre surrogata dovrà pagare a fronte di malormazioni del bambino.  Il documento di cui è entrata in possesso la redazione di Avvenire è stato firmato in una clinica dell’Est Europa e ha portato effettivamente alla nascita di un bambino. Questi i passaggi:

Il calvario di una madre surrogata

«La Madre si impegna: punto 1) a sottoporsi alla procedura d’impianto di embrione (embrioni); punto 2) a gestare l’embrione specificato; punto 3) a partorire il figlio (figli) sviluppato dall’embrione; punto 4) a dare il proprio consenso alla trascrizione dei Genitori in qualità di genitori nell’atto e nel certificato di nascita del figlio entro 3 giorni dalla gestazione». Il cuore del contratto è questo, non c’è bisogno di aggiungere o spiegare nulla. L’oggetto del contratto è il “Figlio”. E se non ci fosse chiarezza sul punto 4, in cui viene evidenziata la necessità che i “Genitori” siano trascritti «in qualità di genitori», il cortocircuito è presto risolto: da una mera denominazione bisogna passare alla formalizzazione del ruolo, spiegano dalla clinica. La sostanza (o la Natura, chiamatela come volete) è ciò che in un contratto di surrogazione non conta nulla: la madre? Non è “Genitore”».

Gli “acquirenti” possoo costringere la madre all’aborto

Le parti in causa hanno degli obblighi, leggiamo sul quotidiano della Cei. «Soprattutto la Madre. Il contratto vi dedica tre paginate fitte, a fronte di una mezza riservata ai Genitori. Innanzitutto la Madre deve consegnare ai Genitori tutta l’informazione medica che la riguarda e che «può influire sul figlio in gestazione»: si va dagli esami del sangue e delle urine all’elettrocardiogramma fino «al referto dello psichiatra» e a quello «del dentista ». Particolari che evidentemente contano, quando si acquista un figlio. La vita della Madre, poi, deve adeguarsi al ruolo importante che ora riveste per i Genitori: dovrà «tenere il cellulare sempre acceso e caricato», «rimanere nel luogo di residenza specificato dai Genitori», «essere sempre disponibile all’incontro con i Genitori» (che hanno la facoltà di recarsi «nel luogo suddetto anche senza avvisarla in anticipo»), «seguire rigorosamente il regime di alimentazione prescritto dal medico curante in accordo coi Genitori ». Malesseri? Dovrà «avvertire immediatamente Genitori e medico curante» perché potrà assumere soltanto medicinali concordati con loro. È poi proibito alla Madre «interrompere la gravidanza o abortire ad eccezione dei casi in cui ci sia tale necessità per salvarle la vita. Nel caso in cui si evidenzino patologie o malformazioni fetali – qui i particolari diventano agghiaccianti – i Genitori hanno la facoltà di consentire a far abortire la Madre». Obbligo finale e più importante: «Consegnare il Figlio (senza allattarlo) ai Genitori immediatamente alla nascita di esso». Nemmeno il tempo di guardarlo, o stringerlo a sé. Neanche uno straccio di umanità per nessuno, quel che conta è il denaro.

L’importante è pagare

« I Genitori si impegnano a pagare. Gli articoli che specificano le forme di pagamento e cosa vada pagato sono interminabili: quasi due pagine di contratto, abbigliamento della Madre compreso. Che succede, invece, in caso di «inadempimenti»? Si infliggono penali, è ovvio. Ma gli «inadempimenti» in un contratto in cui l’oggetto è un figlio rasentano il disumano: «Nel caso in cui il bambino nasca con malformazioni fisiche o mentali causate da un comportamento colpevole della Madre, quest’ultima decade dal proprio diritto di compensazione», recita il contratto. Il denaro è ciò che conta, nell’accordo. Poi si specifica come «le sorti del Figlio sono esclusivamente a discrezione dei Genitori». Potranno decidere qualsiasi cosa, di quel Figlio. Hanno persino «la facoltà di rifiutare i doveri genitoriali nel caso abbia congenite malformazioni fische e aberrazioni mentali», il concetto viene ribadito almeno in tre articoli diversi. A questo punto nasveun interrogativo ancora più inquietante: «cosa accadrà del Figlio, strappato alla Madre e non riconosciuto dai Genitori?

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