Erdogan cala la maschera: per noi la minoranza curda è come l’Isis

24 Feb 2016 15:09 - di

La minoranza curda va equiparata ai terroristi dell’Isis: lo sostiene il presidente Erdogan. Continua infatti da dieci giorni l’offensiva militare della Turchia contro la minoranza curda. L’esercito turco ha ucciso nove sospetti militanti del Pkk curdo con un’operazione compiuta all’alba da elicotteri d’attacco Cobra, di fabbrizazione americana, in una zona montuosa a Idil, località del sud-est sotto coprifuoco totale dalla scorsa settimana nell’ambito del conflitto tra Ankara e i guerriglieri curdi. Lo riferiscono fonti della sicurezza turca. La zona colpita dai raid si trova nella provincia di Sirnak, al confine con la Siria. Ma è evidente che ormai Ankara è concentrata sulla repressione ai curdi piuttosto che alla lotta all’Isis: «Speriamo che il Pyd (curdi-siriani, ndr) non attaccherà la Turchia dopo sabato», quando un cessate il fuoco in Siria dovrebbe essere entrato in vigore. Lo ha detto il vicepremier di Ankara, Numan Kurtulmus, ribadendo che «ovviamente la Turchia ha il diritto di difendere il suo territorio» se verrà attaccata. Nei giorni scorsi l’artiglieria di Ankara ha bombardato più volte postazioni del Pyd nel nord della Siria, sostenendo di aver agito sempre in risposta ad aggressioni subite. Sulla questione è intervenuto addirittura il premier di Ankara, Ahmet Davutoglu, sostenendo che «la Turchia è consapevole dei giochi che mirano a renderla la vicina di una struttura del terrore e non lo permetterà», ha detto , accusando il governo di Bashar al Assad e la Russia di voler formare con l’Isis e i curdi-siriani del Pyd una “cintura del terrore” nel nord della Siria al confine con il territorio turco. E lo stesso presidente Erdogan alla fine chiarisce le cose: i curdi siriani «Pyd e Ypg devono essere esclusi dal cessate il fuoco» che dovrebbe iniziare sabato in Siria, «esattamente come lo è Daesh», cioè l’Isis, ha detto il presidente turco. «Tutti dovrebbero accettare che il Pyd e l’Ypg sono rami del Pkk» curdo, ha ribadito Erdogan. «Questa organizzazione deve far scoppiare le sue bombe in altri posti oltre che ad Ankara per essere riconosciuta come un ramo del Pkk?», ha aggiunto, criticando gli alleati – in particolare gli Usa – per la mancanza di uno “spirito di alleanza” nella decisione di non riconoscere Pyd e Ypg come gruppi terroristici, come chiede Ankara.

Il presidente Erdogan vuole che i curdi siano esclusi dalla tregua

Intanto si apprende che in Turchia «la situazione dei diritti umani si è deteriorata notevolmente a seguito delle elezioni parlamentari a giugno e l’esplosione della violenza tra il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e le forze armate turche a luglio». A denunciarlo è il rapporto 2015/16 di Amnesty International, che lancia l’allarme anche sulla libertà di espressione nel Paese: «I media hanno affrontato una pressione senza precedenti da parte del governo. La libera espressione online e offline ha sofferto in modo significativo». Amnesty critica anche i comportamenti delle forze di sicurezza turche, accusandole di ostacolare ancora le manifestazioni di dissenso in piazza, oggetto di una repressione sempre più dura dalla proteste di Gezi Park a Istanbul del 2013: «Il diritto alla libertà di riunione pacifica ha continuato a essere violato. I casi di uso eccessivo della forza da parte della polizia e maltrattamenti durante la detenzione sono aumentati. L’impunità per gli abusi dei diritti umani persiste. L’indipendenza del sistema giudiziario è stata ulteriormente erosa». Il rapporto ricorda poi gli attentati che hanno colpito la Turchia nel corso del 2015 e la difficile accoglienza di «2,5 milioni di rifugiati e richiedenti asilo», sottolineando come alcuni «hanno affrontato in modo crescente detenzioni arbitrarie ed espulsioni mentre il governo negoziava un accordo sui migranti con l’Ue». C’è apprensione nella regione per l’annunciata tregua in Siria, raggiunta dopo un accordo tra Stati Uniti e Russia; molti dubitano che il cessate il fuoco entrerà effettivamente in vigore. Almeno 20 jihadisti dell’Isis sono stati uccisi nelle ultime 24 ore nei bombardamenti di aerei russi a sud-est di Aleppo, dove le forze governative cercano di riconquistare il controllo dell’unica strada che collega le parti della metropoli in mano ai lealisti con gli altri territori sotto il loro controllo. Ne dà notizia l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria. I combattimenti e i bombardamenti si concentrano nei dintorni della cittadina di Khanaser, conquistata recentemente dallo Stato islamico che ha così interrotto i collegamenti dell’esercito di Damasco.

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