BankEtruria: illeciti a gogò tra conflitti di interessi e crediti agli “amici”

9 Gen 2016 11:55 - di Alberto Fraglia

Più passano i giorni, più lo scandalo di BankEtruria assume proporzioni enormi. Dopo le perquisizioni nella direzione generale dell’istituto e nelle aziende “amiche” beneficiate da fidi  concessi senza adeguate garanzie, gli inquirenti stanno passando al setaccio carte e documenti sequestrati. Nel mirino sono, soprattutto, le delibere del Cda. Il canovaccio dell’indagine  muove dagli addebiti, dalle contestazione e dai rilievi avanzati a suo tempo nei confronti dell’Istituto di Arezzo dalla Banca d’Italia, istituto poi commissariato. Dodici punti di contestazione che chiamano in causa direttamente i vertici di Banca Etruria: l’ex presidente Lorenzo Rosi, i due ex presidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena, e i componenti del Cda Claudia Bugno, Andrea Orlando, Luciano Nataloni, Luigi Nannipietri e Claudio Salini. Accuse pesanti, quelle di Bankitalia, nei loro confronti. Nella relazione si parla di “inerzia nell’attivare adeguate misure correttive per risanare la gestione, provocando un ulteriore peggioramento della situazione tecnica, già gravemente deteriorata”. Non solo. Sotto i riflettori sono soprattutto le operazioni messe in piedi dalla banca nel 2014, un anno che, secondo Palazzo Koch, doveva essere di svolta, dopo i rilievi effettuati dagli ispettori, e che invece ha fatto registrare “una perdita di esercizio di 517milioni di euro. “Un’enorme massa di denaro – spiegano i tecnici di Bankitalia – persa concedendo finanziamenti anche a chi non forniva adeguate garanzie, firmando contratti di consulenza per incarichi inutili e soprattutto non in linea con la normativa interna sul ciclo passivo di spesa”. Tra mancata riduzione degli emolumenti per i consiglieri, in barba alle deliberazioni assunte, pagamenti esosi ai manager e fideiussioni non riscosse, mancanza di controlli e favori agli “amici”, il denaro uscito dalle casse di Etruria è ingente. A tutto danno dei sottoscrittori di obbligazioni, ossia dei clienti risparmiatori. Insomma, per molti anni, chi maneggiava denaro nella stanza dei bottoni lo ha fatto in maniera a dir poco disinvolta e senza badare a palesi conflitti d’interesse, visto che tra i consiglieri sanzionati c’era anche chi sedeva nelle società beneficiate dai crediti. Nella lista delle società beneficiate spunta anche il nome di Papà Renzi, Tiziano. Due suoi soci nella società di marketing Party srl risulterebbero a loro volta in affari con l’ultimo presidente della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio. Si tratta di società che si occupano di realizzare e gestire outlet, come la Egnatia Shopping Mall. E qui, il filo rosso della “mala gestio” tocca i vertici del governo.

 

 

 

 

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