L’arroganza del capo ultrà: il sasso contro i tifosi avversari? Bel tiro, no?
«Il sasso contro il pullman dei tifosi della Fiorentina l’ho lanciato io. E bisogna riconoscere che è stato un bel tiro. Dopotutto gioco a baseball». Si è rivolto così, con incredibile arroganza, oggi, al giudice Silvia Bersano Begey, durante l’udienza in corso al Tribunale di Torino, Conrado Bryan Herdocia, trentasettenne capo ultrà juventino nato in Costarica, arrestato ieri insieme ad altri tre ultrà dalla polizia per l’aggressione in un’area di servizio della A26 Genova-Gravellona, nell’alessandrino.
Il capo ultrà ha rivendicato con orgoglio non solo il lancio del sasso scagliato contro i tifosi avversari ma anche il possesso delle due pistole, una Beretta e una Franchi calibro 7,65 con relativi proiettili, trovate sull’auto insieme a una mazza da baseball, un passamontagna, due caschi, un coltello da caccia e documenti falsi, spiegando che vende i biglietti per le partite e deve “proteggere” il ricavato.
«Mi chiamano “lo squalo” – ha anche rivendicato con una certa soddisfazione l’ultrà che, fra l’altro, secondo l’accusa, offre documenti falsi a chi ne ha bisogno per evitare i controlli anti-Daspo ed entrare allo stadio – perché non abbandono mai nessuno sul campo».
Il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere solo nei suoi confronti, liberando gli altri indagati, Carmine Barbera e Giampaolo Guerri, 26 e 30 anni, residenti nello Spezzino, e Felicina Bribiglia, 54 anni, residente a Massa. Poi, come richiesto dal pm Cesare Parodi, ha stabilito che gli atti vengano trasmessi ai colleghi di La Spezia per ragioni di competenza territoriale poiché il viaggio dei quattro ultrà che stavano raggiungendo in auto, armati di tutto punto, lo Juventus Stadium di Torino a bordo di un Suv Peugeot era cominciato in Liguria. Un lungo inseguimento del pullman degli avversari – fra cui famiglie con bambini e anziani – presi di mira inizialmente nell’area di servizio Turchino Est, lungo l’autostrada Genova-Alessandria tra Voltri e Gravellona e, poi, raggiunti qualche chilometro più avanti. E lì era scattato l’assalto.