Addio a Gabriele Ferzetti, seduttore schivo ed elegante del cinema italiano

3 Dic 2015 11:42 - di Priscilla Del Ninno

È morto Gabriele Ferzetti, e con il suo addio alla scena della vita se ne va uno degli ultimi testimoni e portabandiera di quel cinema anni Quaranta e Cinquanta, raffinato e colto. Elegante, eppure di grande acchito popolare. Con il suo addio ci congediamo dai ricordi in bianco e nero, dall’immagine di un’Italia intimista e ottimista. Da una stagione del cinema di casa nostra che, tra evoluzioni e declinazioni, ha segnato in maniera indelebile la storia del grande schermo.

Addio a Gabriele Ferzetti

È lutto, dunque, nel mondo della settima arte, per l’addio a uno degli interpreti più amati del cinema e del teatro italiano. Era nato a Roma il 17 marzo 1925 e sullo schermo ha portato sempre l’immagine del seduttore raffinato e inaccessibile: Tra tutti i ruoli da lui nobilitati, infatti, ci piace ricordarlo come il volto dell’incomunicabilità a cui Antonioni affidò il compito di intepretare la complessità maschile nell’Avventura accanto a una bellissima e giovanissima Monica Vitti. Ma tra le sue interpretazioni più celebri, ricordiamo anche La provinciale di Mario Soldati, Le amiche – sempre di Michelangelo Antonioni – La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini, A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri. Era bello Ferzetti: di una bellezza elegantemente seduttiva, quella che nella stagione della commedia d’autore italiana faceva da contraltare ai poveri ma belli alla Renato Salvatori e Maurizio Arena. Bello e affascinante e sul grande schermo ha sempre portato il suo charme, personale ed istrionico, messo al servizio di copioni ora più semplici , ora più strutturati, a cui l’attore ha sempre impresso una sua peculiarissima impronta artistica. E allora, tra commedie e drammi, racconto sociale e affresco d’epoca, Ferzetti ha portato sul set la sua maschera di giovane seduttore, prima, e di eterno quarantenne problematico e dubbioso, poi, dando corpo istrionico e vigore spettacolare soprattutto a quell’affascinante signore sulla scena e sullo schermo che è sempre stato. Una figura – la sua – sempre un po’ appartata, anche quando era al centro dell’apologo – sentimentale o drammatico che fosse – con cui Ferzetti ha raccontato da un angolo particolarissimo la sua storia e visione del cinema d’autore. Quella del protagonista schietto ed essenziale, del raffinato osservatore dei tempi che cambiano, del protagonista perfezionista ma mai freddo.

La vita, la carriera

Un interprete, Gabriele Ferzetti, a cui il nostro teatro e il nostro cinema migliore devono molto. Nato nel ’25, di buona famiglia e dall’educazione impeccabile, ben presto animato dal fuoco della passione per la recitazione. Frequenta l‘Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico e già brucia le tappe, approdando al mondo del cinema quando ha appena compiuto i 17 anni: nel 1942, attor giovane a fianco di Doris Duranti ne La contessa di Castiglione di Flavio Calzavara. A guerra finita ha giàacquisito un background cutlurale e una preparazione sul campo che spingono un autore come Luchino Visconti a sceglierlo, nel 1948, per lo scespiriano Come vi piace. Il suo primo ruolo da protagonista in teatro è del 1951 con Olga Villi in Sogno ad occhi aperti di Rice; mentre la prima grande performance sullo schermo Ferzetti la dovrà a Mario Soldati che lo vorrà sul set accanto a Gina Lollobrigida ne La provinciale del 1953, interpretazione grazie alla quale Ferzetti conquisterà il ruolo da prim’attore ne Le avventure di Giacomo Casanova diretto da Steno e purtroppo per molti anni massacrato dalla censura. Due anni dopo, sullo schermo, un incontro folgorante con Michelangelo Antonioni che tra Le amiche e L’avventura ne fa l’emblema di una condizione maschile sospesa nell’incertezza, vero contraltare alle interpezioni musoclari e alla passionalità un po’ “machista” del maschio italiano ai tempi dei primi ancheggiamenti del twist.

Quelle scelte originali e colte

Ma Gabriele Ferzetti è ben diverso: bello con un divo americano, elegante come un lord inglese, sobrio, affascinante, si defila sempre un po’, sul set come nel jet set. Non assurge al ruolo di mattatore alla Gassman o di istrione alla Sordi: compie sceglie anche difficili, all’apparenza impopolari, ritagliando per sé ruoli lavorati di cesello con cui Ferzetti ha sempre puntato a esprimere la parte segreta dell’uomo contemporaneo. Un’ambizione realizzata in decenni di selezionatissima carriera e di scelte difficili, e compiuta ai massimi livelli grazie alla collaborazione con i nostri registi più sensibili e sommessi: come Antonio Pietrangeli di Nata di marzo; come Florestano Vancini che regala a Ferzetti uno dei suoi ruoli più belli in La lunga notte del ’43; come Elio Petri che gli regalerà il successo di A ciascuno il suo. E tra un successo di critica e un’affermazione popolare, la carriera di Gabriele Ferzetti corre a ritmi impossibili con una frequentazione ossessiva dei set (alla fine saranno più di 100 i suoi film) che si alterna con frequenza alla passione per il teatro e ad avventure oltre confine come nel bellissimo Tre camere a Manhattan di Marcel Carné (1965). La duttilità d’interprete lo vede pienamente a suo agio in drammoni storici, commedie scanzonate, film d’avventura e drammi passionali. Non manca neppure l’appuntamento con i fermenti e gli scandali del ’68, partecipando a Grazie zia di Salvatore Samperi, ma sarà Sergio Leone a dargli gloria assoluta disegnando con lui il memorabile affarista sofferente e cinico di C’era una volta il West. In teatro, specie grazie alla consuetudine con Mario Missiroli, firma pagine importanti recitando con grandi colleghe del calibro di Lea Padovani o Anna Proclemer. E questa passione lo accompagnerà sempre, fino al meritatissimo premio Ubu ricevuto per Danza di morte nella sua piena maturità. Ma le sue incursioni nel cinema e nel teatro sono talmente tante e così varie (ha partecipato anche a un’avventura di 007, Al servizio segreto di Sua Maestà) che perfino oggi riesce difficile darne conto. Eppure oggi è a tutto quello che ci ha saputo raccontare imprimendo il suo inimitabile sigillo artistico, e a tutto quello che ci resta la sensazione di non aver colto, che va il nostro tributo di spettatori e concittadini cresciuti, maturati e invecchiati con Ferzetti e con i suoi film.

 

Cinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele FerzettiCinema: è morto Gabriele Ferzetti

 

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