Halloween, la festa senza radici col simbolo della zucca. Luminosa e vuota
Sento di Halloween e mi sento un po’ fuori posto. Sento e vedo Halloween ovunque, in queste ore. Perché pare sia ormai una nostra festa. Ed in effetti, a furia di “scherzetto, dolcetto“, lo è diventata. La pubblicità l’ha assunta ed elevata a necessità. Così c’è la preparazione di Halloween, c’è l’attesa di Halloween e infine c’è lei propriamente detta: la festa. Bambini tetri e felici. E zucche che costano quanto un tartufo. Genitori assuefatti e contenti. Partecipi della lugubre felicità dei figli. È Halloween, certo. È la notte delle streghe, dei nasoni adunchi e deformi, degli occhi spiritati, dei brufoli pelosi e delle pustole putrescenti: evviva Halloween, festa senza radici. Tutti a scherzare e a ridere, conciati come becchini o morti viventi. Cosicchè mi sento un po’ fuori posto. Perché questa festa proprio non riesco a digerirla. E neppure a capirla. Perchè sono antico, forse. Fuori tempo, probabilmente. O, semplicemente perchè ho ancora vivo il ricordo. Il ricordo di noi bambini siciliani. Il ricordo di quel volere andare a dormire un po’ prima del solito. In quella notte del primo di novembre: la notte di Ognissanti. Che per i bimbi cresciuti senza bombardamento pubblicitario significava l’attesa della delizia. La festa dei Santi e dei nostri Morti. Con tutte quelle delizie da gustare al mattino. Quelle che al risveglio sapevi già di trovare ordinate ai piedi del letto. In enormi vassoi di pasticceria che noi ci intigniamo a chiamare ancor oggi “guantiere”. Frutta martorana nelle forme più accattivanti e caramelle e cioccolatini e gli immancabili “ossi dei morti“: biscotti duri come le pietre fatti con un impasto di farina, chiara d’uovo, zucchero, miele, cannella e chiodi di garofano. Era la festa. Festa che aveva un senso preciso. Festa che ora non c’è più. Sostituita da una notte di mortifere follie importate d’oltreoceano. Follie che come simbolo hanno la zucca. Tanto luminosa, quanto vuota.