Sciopera il calcio femminile: l’Italia di Renzi delude pure le donne del pallone

24 Set 2015 13:30 - di Bianca Conte

Il calcio femminile scende in campo: ma non per segnare, bensì per scioperare contro una strisciante discriminazione che ghettizzerebbe le sportive del pallone in una sorta di ideale serie C, girone Z, almeno per quel che riguarda investimenti, promozione, competizioni agonistiche e rilancio mediatico. E così stando le cose, il campionato di serie A di calcio femminile rischia a questo punto addirittura di non partire. L’Aic, infatti, ha preso posizione contro sui problemi del settore, minacciando uno sciopero delle calciatrici. «Non si gioca  – è la posizione del sindacato – qualora i problemi del movimento non dovessero essere risolti».

Calcio femminile in sciopero

Ferve il malcontento, dunque, e non è neppure la prima volta come noto. Solo qualche mese fa, infatti, ha imperversato ovunque la bufera seguita alla presunta gaffe sessista – smenita dai vertici coinvolti dalla vicenda – di cui si sarebbe reso responsabile il presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli – uno degli uomini più vicini  al presidente federale Carlo Tavecchio – che a detta delle calciatrici si sarebbe espresso con toni poco amichevoli e decisamente discriminatori in merito alla possibilità di finanziamenti da destinare al pallone rosa. «Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche» avrebbe tuonato Bollloli, prionto a stretto giro a smentire la dichiaraziione d’intenti a dir poco offensiva. Da allora, in poi, allora, è cambiato poco e la situazione resta sempre 1 a 0, palla al centro. Nonostante il Paese sia guidato da un premier sportivo che molla impegni istituzionali e tavoli decisionali per volare a New York ad assistere la finale di tennis tutta made in Italy tra la Pennetta e la Vinci, e malgrado le dichiarazioni d’intenti ciclicamente sbandierate da vertici manageriali e addetti ai lavori. Non è un mistero per nessuno che, ancora pochi mesi fa, Carlo Tavecchio è tornato a ribadire di voler fare del calcio femminile un vero e proprio cavallo di battaglia, arrivando persino ad auspicare l’inserimento del campionato di massima serie rosa nei palinsesti tv della Rai. Progetti ambiziosi, rimasti però a tutt’oggi sulla carta.

Sos finanziamenti e tv

Una questione, quella del rilancio dell’immagine e dell’incremento dei finanziamenti al calcio femminile, tornata in queste ore d’attualità con l’annuncio da parte del sindacato di categoria del possibile sciopero e grazie all’intervento della deputata dem Laura Coccia incentrato sulla mancata convocazione del comitato esecutivo competente in materia che potrebbe spingere le calciatrici a scioperare. «Auspico che il presidente Tavecchio e tutti quelli che hanno competenza in questo campo possano convocare l’esecutivo e dare risposte al calcio femminile che ha assolutamente bisogno di essere valorizzato», gha sostenuto l’esponente del Pd, non tralasciando peraltro di ricordare quanto e perché il calcio femminile sia «una disciplina olimpica» e, dunque, in quanto tale andrebbe considerata «anche in prospettiva di Roma 2024». Non soo: uscendo un p’ dal seminato di partito, e riallancoandosi ai proclami del premier con il debole per gli impegni agonistici degli azzurri, la Coccia, ex atleta paralimpica, a margine di una conferenza sui valori dello sport svoltasi alla Camera ha rincarato la dose aggiungendo che «se le giocatrici dovessero intraprendere la strada dello sciopero mi auguro possa portare a delle risposte concrete». Le domande, del resto, sono sempre le stesse da troppo tempo ormai: una maggiore attenzione mediatica che smentisca convinzioni discriminatorie e stereotipi incrollabili e investimenti più significativi da destinare agli sport fewmminile, a partire dal calcio.

Aic, «La A non parte se le cose non cambiano»

Dunque, venendo alla vicneda nel dettaglio, il perché dello sciopero imminente è presto detto, spiegato e argomentato proprio dal sindacato di categoria. «Nel corso del consiglio federale dello 31 agosto è stato formato un comitato esecutivo che avrebbe dovuto prendere decisioni virtuose sul Calcio Femminile – ha sottolinea l’Aic in una nota – ad oggi non è arrivata alcuna convocazione ufficiale, nonostante il fermento e l’evidente malcontento che il movimento ha continuato a mostrare nei vari incontri. Si respira un forte desiderio di seguire la linea della protesta collettiva, arrivando a bloccare le partite qualora i problemi che attanagliano questo movimento non dovessero essere risolti: vincolo sportivo, accordi economici pluriennali, fondo di garanzia». E ancora: «La finale di Coppa Italia è stata giocata il 23 maggio scorso – ha proseguito il sindacato calciatori – Ora, a distanza di quattro mesi, ci apprestiamo a seguire la SuperCoppa del 26 settembre con gli stessi presupposti: carenza organizzativa e di attenzione per un trofeo che vedrà in campo 13 azzurre tra Brescia e Verona. Assieme a ciò – è la conclusione dell’Aic – crediamo sia doveroso una programmazione federale seria e condivisa per lo sviluppo di questo sport, ormai stanco di essere considerata una “ruota di scorta” rispetto al resto d’Europa».

 

 

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