Tensione a scuola: una bimba torna dall’Uganda e i genitori degli alunni non la vogliono in classe
Tra falsi allarmi e confusione sui controlli, anche qui in Italia si generano casi di tensione. È stato così per una bambina di tre anni che frequenta un scuola materna statale di Fiumicino: costretta a stare a casa 7 giorni non perché stava male ma per la preoccupazione scoppiata tra le mamme dei suoi compagni. Sulla piccola, di ritorno dall’Uganda con la famiglia, si è riversato l’allarme di alcune mamme dei suoi compagni di asilo, dopo che hanno saputo del viaggio in Africa e hanno parlato con lemaestre, mostrandosi contrarie al rientro della piccola in classe. «Se fate entrare lei non facciamo entrare i nostri figli», hanno detto le mamme. Ma non solo. Secondo le mamme in questione i 21 giorni di incubazione della malattia avrebbero dovuto essere il parametro per calcolare quando la piccola avrebbe potuto rientrare a scuola. Cosa avvenuta invece questa settimana grazie alla mediazione della preside. Nel frattempo i genitori della bambina hanno deciso che, per non esporre la figlia a critiche e a ghettizzazioni, era meglio farla rimanere a casa una settimana. Così è stato. Ma la direttrice dell’istituto ha cercato di calmare subito gli animi: «L’Uganda – ho spiegato – non è tra i paesi a rischio. Dunque nessun pericolo». Il papà della bambina ha raccontato la storia al quotidiano on line In terris: «Abbiamo passato giorni di angoscia – racconta al quotidiano – eppure non c’era alcun motivo reale per poter solo immaginare qualche rischio; l’unica spiegazione è che venivamo dall’Africa. Ma l’Uganda non è un paese contagiato e comunque ho fatto fare alle mie figlie tutte le analisi necessarie a stabilire la loro totale buona salute. Non solo, ma mia figlia non ha avuto alcun sintomo particolare, né una febbre né un raffreddore».